Aborto. Applicazione della legge

Aborto: La situazione sull'applicazione della legge di Elisabetta Canitano (tratto da Marea). Prima che la legge 194/78 venisse approvata dal parlamento italiano gli aborti clandestini venivano stimati in oltre 250.000 all'anno.

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Bisogna ricordare che le leggi in vigore precedentemente a quell'anno erano quelle del famigerato codice Rocco, dell'epoca fascista, che vietavano sia l'aborto che la contraccezione come delitti contro la stirpe, tanto che la pillola veniva presentata come regolatore del ciclo mestruale e non come contraccettivo.

Il dato più importante però era che anche la donna poteva essere imputata del reato di aborto e quindi molte donne che effettuavano l'aborto clandestino non si presentavano in ospedale quando andavano incontro alle complicanze di interventi il più delle volte eseguiti, soprattutto per le donne povere in assenza delle necessarie precauzioni di sterilità.

Quindi quando avevano la febbre si limitavano a starsene a casa sperando che gli passasse, ma questo faceva sì che l'infezione post-operatoria degenerasse in setticemia, e quindi quando arrivavano in ospedale non restava che ricoverarle in rianimazione dove morivano dopo qualche giorno.

Diverso ovviamente era il discorso per le donne che potevano pagarsi le esorbitanti parcelle delle cliniche private dove i famosi "cucchiai d'oro", così si definivano allora i medici che praticavano l'aborto clandestino a caro prezzo, dal cucchiaino metallico con cui si effettua la pulizia dell'utero, si arricchivano.

Nel 1978 viene approvata la legge che istituisce l'aborto legale, su richiesta della donna entro i 90 giorni dall'ultima mestruazione, e anche dopo in caso di pericolo per la salute psicofisica della donna.

E' sufficiente parlare con un medico di propria fiducia, che esamina insieme alla donna e al padre del concepito, ove la donna lo consenta, i motivi della richiesta e invita la donna a riflettere per 7 giorni, trascorsi i quali la donna potrà recarsi in struttura pubblica o convenzionata per ottenere l'intervento.

Viene subito rilasciato un certificato dell'avvenuto colloquio, che servirà poi alla donna per presentarsi nelle struttura. In questo modo l'aborto è stato sottratto al mercato e attualmente la donna che faccia un aborto al di fuori della procedura indicata è punibile con una multa di 100.000 lire, mentre per il medico sono previsti fino a cinque anni di carcere. In questi anni gli aborti in Italia sono costantemente diminuiti, fino ad essere circa 135.000 l'anno.

Attualmente il trend di diminuzione è fermo per la presenza crescente delle donne straniere sul nostro territorio, alcune delle quali provengono da paesi in cui il ricorso all'interruzione chirurgica della gravidanza era massiccio (Romania, Russia ).

Il tasso di abortività delle donne italiane è simile a quello della francesi e delle inglesi, molto inferiore a quello delle americane, superiore a quello delle olandesi che hanno in assoluto il tasso inferiore di tutti i paesi industrializzati in cui l'aborto sia legale ( dati dell'Istituto Superiore di Sanità, grazie alla gentilezza della dottoressa Angela Spinelli ).

L'applicazione della legge è però molto dissimile sul territorio italiano, per esempio in Basilicata non vi è un servizio pubblico che esegua gli interventi ed è necessario andare in Puglia, dove invece, grazie a molte case di cura convenzionate autorizzate ad eseguire l'intervento, è praticamente scomparso l'aborto clandestino che si stima intorno ai 23.000 casi l'anno tuttora nel nostro paese.

L'applicazione della legge è funzione della buona volontà degli operatori e dei direttori sanitari, oltre che della capacità politica e di movimento delle donne stesse, in quanto mentre in genere nel nord tranne che in Trentino l'intervento viene considerato facente parte della normale routine di reparto e i medici si alternano in sala operatoria, in generale nel centro sud vengono create delle strutture, dei repartini ad hoc, con dei medici non strutturati che girano spesso da un ospedale all'altro con il risultato che i servizi hanno sempre vita precaria, legata alla disponibilità degli operatori.

Non esiste nessun vincolo che obblighi gli ospedali a rispondere alla domanda del loro territorio e così le donne spesso sono costrette a vagare, dopo aver eseguito la certificazione, alla ricerca di un posto in lista operatoria.

E così ecco le soluzioni più strane. In un ospedale si prenota solo due volte alla settimana, in un altro solo dalle 9 alle 11, in un altro si fanno solo 3 interventi alla settimana, in alcuni si fa solo l'anestesia generale, in altri solo quella locale e via cambiando a seconda dell'umore a volte o della disponibilità della struttura.

In alcuni vieni presa in carico direttamente dal consultorio e vieni seguita anche per le analisi, in altri giri con le richieste in mano e finisci per fare tutto a pagamento nell'illusione di fare prima.

Attualmente questa speranza nel Lazio è totalmente illusoria. Grazie alla chiusura di 21 centri ospedalieri, sulla quale le Regione non muove un dito, le donne si riversano sulla capitale, dove non è possibile ottenere l'intervento prima di un mese.

Le donne vicine alla scadenza dei termini di legge vagano in maniera sempre più frenetica da un ospedale all'altro in un drammatico scaricabarile in cui nessuno è responsabile dei loro problemi, finché sempre i soliti operatori non decidono di fare un intervento in più e accoglierla.

Ricordiamo inoltre che ad abortire sono più le donne con un titolo di studio basso, le donne con più figli e le casalinghe che le altre, e hanno spesso meno possibilità di difendersi.

Per le ragazze sotto ai 20 anni inoltre il ricorso all'interruzione di gravidanza è in lieve aumento il che significa che in questo paese molto c'è ancora da fare sui temi dell'informazione e della prevenzione.

L'impressione è che si cerchi di scoraggiare il ricorso all'aborto rendendo difficile la vita alle donne che prendono questa drammatica e difficile decisione, trascurando completamente l'aspetto della prevenzione, che viene lasciato ai consultori, il più delle volte insufficienti a coprire le necessità della popolazione che insiste su di loro.

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pagina aggiornata il 6 dicembre 2005

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