Aborto, decreto Zingaretti: perché le donne non devono essere costrette a parlare con gli obiettori

Nel maggio del 2014 Zingaretti, come commissario ad acta della sanità laziale, firmò un decreto con cui stabiliva che i medici presenti nei Consultori familiari della Regione Lazio non avrebbero potuto opporre obiezione di coscienza per prescrivere la contraccezione di emergenza, per l'inserimento della spirale e per rilasciare la certificazione prevista dalla legge 194 che attesta la volontà di una donna di abortire.

In quella occasione il Movimento per la vita e associazioni di medici cattolici presentarono un ricorso al Tar. Il 3 agosto scorso con una sentenza il Tar ha dato torto al MPV stabilendo che il medico obiettore è obbligato a fornire quelle prestazioni previste dal decreto di Zingaretti.

Sembra una cosa buona ma non lo è, quale è il rischio per le donne? Vita di Donna Onlus sta conducendo una battaglia perché si provveda a servizi adeguati per le donne che vogliono interrompere la gravidanza (7 ospedali nel Sud del Lazio non applicano la legge, per esempio) e non si prendano provvedimenti dei quali non è stato valutato l’impatto sulle donne, le cui necessità non sono prese in considerazione.

Lo spiega benissimo Umberta Telfener:

Abortire non è un evento neutro. Implica mettere in gioco valori, scelte, lealtà familiari; coinvolge la propria visione di sé e anche del mondo. Se dobbiamo abortire – perché per pochi è una scelta leggera – abbiamo bisogno attorno a noi di un ambiente che ci accolga e ci contenga. Che ci aiuti a comprendere il significato di questo evento perché non accada un'altra volta. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci accompagni attraverso un ascolto attivo, partecipato e non giudicante.

Il decreto di Zingaretti che impone anche agli obiettori di firmare l'interruzione di gravidanza è un decreto apparentemente progressista, in effetti psicologicamente dannoso oltre che collusivo con l'ambivalenza e la colpevolizzazione sotterranee all'aborto nella nostra cultura attuale.

Se l'ascolto non è mai imparziale, se anche il non verbale grida, se i giudizi passano attraverso un sopracciglio alzato e le parole sono pistole cariche, diventa importante che le donne possano trovarsi davanti – in quel momento così difficile – qualcuno che sia sulla stessa lunghezza d'onda e che sia imparziale. Che le aiuti anziché essere il prolungamento dell'ambiguità sottaciuta ma manifesta che già subiscono da parte della famiglia introiettata e reale e da parte della società. Un obiettore che firma non potrà non lasciarsi sfuggire il proprio disprezzo, la sua riprovazione. Non potrà non giudicare la donna rispetto ad una scelta che contrasta profondamente con i suoi valori.

Già viviamo in una società focalizzata sulla colpa, in più non solo gli eventi ci fanno soffrire ma le opinioni che ci costruiamo su di essi aggravano il peso emotivo.

Cosa implica trovarsi di fronte ad un obiettore senza sapere che lo è? Molte donne si appresteranno al colloquio immaginando di venir accettate o almeno comprese, non certo giudicate e tantomeno accusate. E che questo sia fatto tacitamente e non esplicitamente è psicologicamente ancora più grave in quanto non permette di acquisirne consapevolezza e non permette di rispondere e lottare per la propria scelta.

Questo decreto mina la possibilità di avere uno spazio neutro di riflessione, impone un ulteriore stress, quello di trovarsi di fronte ad un nemico mascherato da alleato, probabilmente incapace di assumere il punto di vista dell'altro con empatia e compassione, incapace di prestare attenzione al processo di scelta perché indignato del punto di arrivo (l'aborto).

Questo impedirà alle donne di assumersi il rischio della scelta, non le aiuterà a fare i conti con la propria stima di sé, non creerà uno camera di decompressione dal giudizio che già sentono provenire dall'esterno e da se stesse, non permetterà loro di accedere alla propria resilienza.

Umberta Telfener

Psicologa clinica, membro didatta della Società Italiana di Psicologia e Psicoterapia Relazionale (SIPPR) e della Società Italiana di Ricerca e Terapia Sistemica (SIRTS), didatta del Centro milanese di Terapia della Famiglia.

Commenta Elisabetta Canitano: La sofferenza legata all'aborto aumenterebbe, le donne hanno bisogno di operatori solidali. Abbiamo lanciato una petizione dal titolo "Non parlo di aborto con gli obiettori" che in pochi giorni ha raggiunto centinaia di adesioni. Firmate e diffondete, è importante.

ALTRI CONTRIBUTI:

Aborto, decreto Zingaretti. La scienza non è neutra di Giuseppina Gabriele

Aborto e decreto Zingaretti: Sulla opportunità di superare l'incontro con i medici obiettori nei Consultori di Vilma Varvo

Sul superamento dell'obiezione di coscienza in materia di aborto di Loredana Biffo

8 agosto 2016

Leggi anche: La condizione delle donne

Aborto

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