L'alimentazione della donna che allatta

Una donna che allatta ha bisogno di circa 500 kcal al giorno in più rispetto al normale fabbisogno.

In realtà si tratta solo di una modesta aggiunta, che può non risultare necessaria, dal momento che la donna che allatta quasi sempre diminuisce il suo dispendio energetico per l'attività fisica.

Spesso poi vi è un modesto "sovrappeso" acquistato in gravidanza che va smaltito.

Se necessaria, comunque, l'introduzione di queste calorie supplementari dovrebbe avvenire preferibilmente distribuita nell'arco della giornata, dal momento che la lattazione è un processo che richiede energia in modo continuo.

L'incremento di calorie richieste per l'allattamento rimane invariato indipendentemente da quanto a lungo questo si protragga. Per quanto riguarda le sostanze nutrienti, in allattamento si ha un maggior utilizzo delle proteine (40% in più, cioè circa 20 g).

Aumenta anche il fabbisogno di vitamine del complesso B, nonché di vitamina C, A ed E, in misura variabile in funzione del tipo di vitamina tra il 25 e il 70% della quantità utilizzata in condizioni abituali. Il bisogno di vitamina D aumenta invece di 4 volte. Per quanto riguarda infine l'incremento nell'utilizzo di calcio, fosforo e iodio, esso è pari circa al 50%.

E' bene chiarire che il soddisfacimento di tutte queste richieste alimentari non richiede modifiche nella normale dieta di sempre purché si tratti di una dieta equilibrata e variata, sulla base dei principi generali che sono a fondamento della corretta alimentazione; non servono quindi (salvo specifiche situazioni di salute valutate dal medico) integrazioni «vitaminiche» o altro; serve solo imparare a nutrirsi bene, se già non lo si faceva prima.

In definitiva quindi l'allattamento (e già, prima ancora, la gravidanza) sono occasioni per rivedere la propria alimentazione apportandovi le variazioni necessarie, per mantenerle poi in seguito, oltre le situazioni contingenti di gravidanza e allattamento.

Il fabbisogno di acqua è lievemente aumentato, ma non occorre che la madre si preoccupi di bere oltre la sete che sente. Infatti, in risposta alla suzione del capezzolo da parte del bambino, il rene della madre è capace di risparmiare acqua, riducendone il volume emesso con le urine.

I liquidi dunque vanno introdotti solo se si sente sete e non per forza: si beve perché si fa' latte e non viceversa. Spesso un'abbondante introduzione di liquidi dà l'impressione alla donna di poter produrre più latte, in realtà è solo una sensazione emotiva.

Fra i cibi previsti in una normale corretta alimentazione, non ve ne sono che «sciupano» il latte; non occorrono quindi restrizioni specifiche. Alcuni alimenti in realtà possono conferire, se consumati in dosi abbondanti, un «sapore» diverso al latte, abituando così il bambino a diversi sapori.

Non è poi escluso che qualche bambino possa apprezzare queste occasionali «correzioni» al sapore del latte! Non esistono alimenti che «fanno latte»: è il mangiare correttamente che fa lavorare bene la ghiandola mammaria.

Inutile quindi, e talvolta anche dannoso, avventurarsi in diete che dicono di far aumentare il latte, o costringersi a bere (magari controvoglia) grandi quantità di latte o di birra.

Per altro l'eccesso di latte rischia di indurre reazioni di sensibilizzazione nel bambino; per quanto riguarda la birra poi, bisogna non sottovalutare il suo contenuto alcolico, che può diventare significativo quando se ne consumino dosi abbondanti.

L'alcol ha un effetto dannoso sul lattante che varia a seconda delle dosi assunte dalla madre. Si consiglia di contenere al massimo la quantità di vino ai pasti e soprattutto di evitare il consumo dei superalcolici (whisky, cognac e anche amari, aperitivi ecc.) data la facilità e la rapidità di passaggio dell'alcool nel latte.

Il tè e il caffè, se consumati in quantità eccessiva, causano il passaggio nel latte di sostanze eccitanti con possibili effetti negativi sul bambino. Si consiglia di limitarne il consumo a due dosi giornaliere.

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