Bambini in carcere, un'emergenza non più rinviabile

Il mese scorso il Capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria Ettore Ferrara aveva lanciato l'allarme sul grave affollamento delle strutture carcerarie del Paese e sulle negative ricadute prodotte nel sistema penitenziario che il Sindacato autonomo polizia penitenziaria sostiene, inutilmente, ormai da troppo tempo.

Le carceri italiane ' nonostante l'indulto ' sono ormai al collasso. Ed è grave che la classe politica e di Governo non abbiano recepito per tempo i nostri allarmi' è la denuncia, sempre il mese scorso, della segreteria generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), l'organizzazione più rappresentativa del personale con 12mila iscritti.

'Gli stessi dati sull'indulto ' afferma il Sappe - evidenziano come non siano stati affatto programmati dal Governo quegli interventi strutturali per il sistema carcere ' chiesti anche dal Capo dello Stato Napolitano - necessari per non vanificare in pochi mesi gli effetti di questo atto di clemenza. Parliamo di provvedimenti concreti di potenziamento dell'area penale esterna, che tengano in carcere chi veramente deve starci e potenzino gli organici di polizia penitenziaria cui affidare i compiti di controllo sull'esecuzione penale.

A dir poco vergognosa, poi, è la situazione dei bambini detenuti con le loro madri, una cinquantina in tutta Italia, molto spesso figli di giovani rom e straniere, e che fino ai tre anni possono, secondo quanto prevede la legge, restare con la madre detenuta. Quest'estate, nel carcere romano di Rebibbia, due detenute straniere si sono trovate costrette a partorire nell'infermeria del carcere perché la magistratura di sorveglianza non ha fatto in tempo ad autorizzare il trasferimento in ospedale.

Sempre quest'estate, nel carcere di Buoncammino è finito in carcere con la madre sorpresa a rubare in un appartamento a Cagliari, un neonato di appena 20 giorni, che rimase tra le sbarre per 55 giorni. Un caso che destò scalpore e riaccese per qualche tempo i riflettori su un'emergenza non più rinviabile. Un bruttissimo e vergognoso episodio che evidenzia l'urgenza di individuare strutture alternative al carcere in presenza di minori. Nonostante in altre realtà  della Penisola la magistratura, l'amministrazione penitenziaria e gli enti locali abbiano trovato un accordo per evitare la presenza di bambini e di neonati negli istituti di pena', la situazione continua ad essere grave, e si registra nuovamente un record di presenze, a poco più di un anno dall'indulto, che aveva svuotato le sezioni Nido degli istituti penitenziari.

Risale ad alcuni giorni fa l'ennesimo allarme lanciato dal garante per i diritti dei detenuti della Regione Lazio, Angiolo Marroni: 31 bimbi al Nido di Rebibbia, rispetto ad una capienza massima di 13, con i conseguenti trasferimenti che spesso non tengono in nessuna considerazione le singole realtà  familiari e affettive. E' il disegno di legge che permetterebbe di porre fine alla loro detenzione in quanto figli di donne carcerate' Langue, da oltre un anno alla Camera dei Deputati, mentre i tempi della politica, nonostante l'emergenza procedono spaventosamente lenti, incuranti dei piccoli che continuano a vivere dietro le sbarre.

Il ddl in questione interverrebbe nel perfezionare la legge Finocchiaro (40/01), che prevede per le madri condannate in via definitiva, misure alternative aldilà degli ordinari limiti, ma quelle in attesa di giudizio. Per loro, il testo approvato in Commissione giustizia della Camera il 13 dicembre del 2006 prevede la possibilità  di scontare la pena con i propri figli in case famiglia protette, con personale in borghese al posto delle divise e senza sbarre alle finestre, per alleviare ai bambini il disagio della carcerazione.

La nuova legge, se approvata, permetterebbe alle detenute con figli al di sotto dei dieci anni, di vivere presso le case famiglie. E' inaccettabile che ancora si tolleri che nelle sezioni Nido delle case di reclusione continuano a vivere bimbi molto piccoli, in attesa di compiere il loro terzo anno d'età ' ed essere allontanati poi dalle loro madri, per finire, nella migliore delle ipotesi nelle famiglie di provenienza, se in grado di occuparsene, o costretti all'esperienza dell'affido o delle case famiglia. Altro aspetto critico che il ddl dovrebbe risolvere è il fatto che in caso di malattia del piccolo, riguarda l'autorizzazione ad accompagnare il bimbo in ospedale che potrà  essere concessa anche dal direttore dell'istituto e non solo dal magistrato di sorveglianza. Per evitare che succeda ancora quello che è accaduto alle due partorienti del carcere romano.

A Roma, il sabato i bambini di Rebibbia vengono portati fuori dai volontari dell'Associazione per vivere un giorno di normalità , ma ad Avellino, dove non esiste una convenzione tra carcere e asili pubblici, i bambini continuano a restano sempre dentro. A Milano, in attesa dell'approvazione del disegno di legge, la Provincia ha aperto in uno stabile di sua proprietà  (in Via Macedonio Melloni) una casa famiglia senza sbarre né divise.

In 500 metri quadri sono ospitate 12 donne detenute con i loro figli. L' edificio, che anticamente era un istituto per l'infanzia abbandonata; ora è diventato l'istituto per l'infanzia accudita, che accompagnerà  i bambini verso un futuro di educazione normale e le loro madri ad un più facile reinserimento sociale. Della struttura milanese si può parlare di eccellenza, perché particolarmente accogliente.

Pagina pubblicata il 27 novembre 2007

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