Aborto: l'ONU bacchetta l'Italia per i troppi medici obiettori

Aborto: rapporto ONU

Il Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite ha censurato l'Italia per non aver fornito un accesso immediato all'aborto in tutto il Paese a causa di un "alto numero di medici" che si rifiutano di eseguire la procedura per motivi di coscienza.

Il Comitato dell'ONU in particolare ha fatto riferimento alla obiezione di coscienza come un ostacolo che impedisce di assicurare la disponibilità di aborti legali ed in osservanza ad una legge di stato, la 194/78, in un paese a maggioranza cattolica.

Il Comitato ha quindi nuovamente esortato il governo italiano ad "adottare le misure necessarie per garantire l'accesso libero e tempestivo ai servizi di interruzione volontaria della gravidanza".

Nella parte del documento dedicata alle problematiche relative al diritto della donne di usufruire della interruzione volontaria della gravidanza (IVG) in Italia, il Comitato si è riferito alla difficoltà di accesso all'aborto legale, sia a causa dell'elevato numero di medici che si rifiutano di eseguire la prestazione per motivi di coscienza, sia alle loro modalità di distribuzione in tutto il Paese.

Già nel 2012, la International Planned Parenthood Federation European Network (IPPF EN), insieme alla LAIGA, la Libera Associazione Italiana per l'Applicazione e della legge 194/78 ed alla CGIL, aveva presentato una denuncia contro l'Italia al Comitato europeo dei diritti sociali, sostenendo che il numero elevato degli obiettori di coscienza in campo medico ha determinato una protezione inadeguata del diritto di accedere all'aborto e quindi una violazione del diritto alla salute.

Per questa ragione, l'Italia venne condannata e le fu chiesto di rimuovere gli ostacoli che si frapponevano alla libertà delle donne di usufruire di un diritto sancito dalla legge.

In quegli anni i dati indicavano che il fenomeno della obiezione di coscienza arrivava a percentuali tra l'80% e il 90%, percentuali che ponevano l'Italia quasi ai livelli dei paesi in cui l'aborto è vietato, ovvero Irlanda e Polonia, e ben lontana da paesi come la Francia dove l'obiezione è al 7% o il Regno Unito dove è al 10% o i paesi scandinavi dove l'obiezione di coscienza non si registra del tutto.

La risposta che il Ministero della Salute inviò all'Europa, sembrò allora tranquillizzare la Commissione, che addirittura si felicitò con il governo italiano per avere agito al fine di rimuovere gli ostacoli che impedivano alle donne di accedere liberamente al servizio di IVG.

Tale risposta venne più volte contestata dalla LAIGA e da altre associazioni che ritenevano errato il rapporto inviato dal Ministro per la Salute, Beratrice Lorenzin.

Oggi è la volta della Commissione per i Diritti Umani, che punta il dito verso il l'Italia con l'accusa di non garantire il diritto delle donne alla liberta del proprio corpo.

Nel rapporto delle Nazioni Unite si afferma che l'obiezione di coscienza tra i medici è alta, circostanza che sta provocando un incremento di pratiche abortive illegali.

Oltre alla questione dell'aborto il Comitato si è anche espresso riguardo alle leggi italiane in materia di adozione di bambini da parte di coppie omosessuali.

Nonostante la legge recentemente emanata in Italia sulle unioni civili, il Comitato esprime preoccupazione in merito alla mancata possibilità, per le coppie dello stesso sesso, di adottare bambini.

A noi non rimane che sottolineare come ancora una volta il nostro Paese viene bacchettato quando si parla di diritti umani, ed in particolare dei diritti delle donne.

Prima l'Unione Europea ed ora le Nazioni Unite, che si sono anche espresse nuovamente su alcune incongruenze, a loro giudizio, della legge 40 del 19 febbraio 2004 recante "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita".

Anche in quel caso una legge pesantemente influenzata dalle lobby cattoliche venne criticata e smantellata articolo per articolo, sia dall'Unione Europea che dalla giustizia italiana.

Ci chiediamo quando i nostri governanti si stancheranno di essere messi dietro la lavagna.

Antonio Luzi

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29 marzo 2017

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