Parti cesarei: se ne fanno troppi e Balduzzi manda i Nas, ma servono?

Il ministro della Salute Balduzzi ha ordinato dei controlli dei NAS per accertare se l'utilizzo del taglio cesareo in Italia è appropriato. La decisione parte da una segnalazione dell'Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) che sostiene che in alcune regioni la frequenza del parto cesareo è così alta  da far pensare che vi sia un'utilizzazione opportunistica.

 

La valutazione parte dal dato che mentre la Regione Friuli, virtuosa, ha un tasso del 23%, la Campania, il peggior risultato italiano, con l'eccezione lodevole di Castellammare di Stabia, nel reparto diretto dal Dott.Guarino, ha il poco invidiabile primato del 62%.

Sul taglio cesareo ci sono linee guida internazionali e nazionali, la seconda parte di quella dell'Istituto Superiore di Sanità, è stata presentata di recente a Roma.

I Nas svolgeranno dei controlli a caso durante i quali prenderanno visione delle cartelle cliniche e delle indicazioni al taglio cesareo.

 

A nostro parere il punto non è mandare i Nas a controllare. Inasprire il clima e i controlli non serve alle donne e non serve alle strutture sanitarie.

Quello che serve è ridisegnare il percorso nascita in tutto il Paese, per una storia della nascita che alzi la sicurezza sanitaria e psicologica attraverso la trasparenza dell'assistenza pubblica e una rivoluzione del rapporto fra Ospedale e Territorio.

Se oggi la maggioranza delle donne, persino nella storica Regione dei Consultori, l'Emilia Romagna, si fa seguire privatamente da un medico ospedaliero, che garantisce la sua personale assistenza al momento del parto (e nei servizi pubblici non se ne dovrebbe sentire la necessità) è evidente che non si partorisce più quando è il momento, naturalmente, ma quando il nostro medico (e a volte anche la nostra ostetrica) è di guardia, o secondo altre tempistiche che non sono quelle del travaglio e del parto.

Forzare una nascita deve essere fatto nelle gravidanze con patologie come il diabete, l'ipertensione, il ritardo di crescita, la rottura del sacco prolungata. In questo caso il ricorso al taglio cesareo sarà maggiore, ma si sarà scongiurato un possibile danno.

Nelle gravidanze fisiologiche invece, la paziente e vigile attesa del momento giusto, fino alla 42 settimana, e a volte oltre, se la donna, correttamente informata, lo desidera, permette che si verifichino tutte quelle modificazioni che sono la premessa per un parto spontaneo. Questa è la prima cosa.

Ancora, se la gestante è indotta a recarsi continuamente da chi la assiste per sapere quando partorirà questo genera uno stato d'ansia sia per la donna, che per il sanitario, che difficilmente permetterà una serena attesa.

Bisogna inoltre potenziare il parto in acqua,e gli altri metodi naturali di riduzione del dolore per chi lo desidera, fornire l'analgesia epidurale gratuitamente, su richiesta della donna.

Bisogna stimolare l'offerta del parto spontaneo dopo cesareo, così frequente in Europa e così rara nel nostro paese.

Bisogna ridurre la medicina difensiva rinforzando i protocolli a carico delle Aziende sanitarie. Un esempio per tutti. Il monitoraggio, cioè la registrazione del battito cardiaco fetale prima della 40 settimana, nelle gravidanze fisiologiche ha dimostrato di non portare nessun miglioramento nella salute del bambino, anzi e può provocare molti tagli cesarei inutili.

Se le Aziende sanitarie chiudono questa prestazione danno un esempio forte. Se la rendono disponibile con motivazioni fumose la gente la chiede, i medici la richiedono, (sono un convenzionato e quindi mi conviene perché frutta l'entrata del ticket, ma è gravata dal ticket proprio perché non appropriato) è evidente che sarà sempre più richiesta, sempre più eseguita, e provocherà un numero crescente di tagli cesarei inutili.

Allora controlli sull'organizzazione, sulla correttezza dei percorsi nascita, sulle decisioni aziendali e sulle mission dei punti nascita. E non i carabinieri a spulciare le cartelle cliniche. Ci sono le società scientifiche, le associazioni di categoria, le associazioni per la difesa del parto naturale.

Tutti insieme possiamo spiegarglielo.

Lisa Canitano

11 febbraio 2012

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