Un'Agenzia per ricerca italiana

In Italia serve un'Agenzia per la ricerca scientifica "per il bene e il progresso del Paese". A chiedere al Governo, e più in generale alle Istituzioni, la creazione di un organo terzo "sulla scorta di quanto avviene nel resto delle nazioni occidentali", è oggi il Gruppo 2003.

L'associazione è costituita da un lungo elenco di scienziati italiani di diverse discipline, accomunati dal timore che "l'Italia pregiudichi ancora di più il proprio futuro continuando a tagliare i fondi destinati alla ricerca, e penalizzando la meritocrazia". Quindi la proposta di creare l'Airs, l'Agenzia italiana per la ricerca scientifica. A farsi portavoce dei ricercatori italiani è Silvio Garattini, farmacologo e direttore dell'Istituto Mario Negri di Milano. "Il nostro sistema di 'governo' della ricerca è inadeguato rispetto agli altri Paesi, che hanno modalità diverse di sostegno e finanziamento basate su agenzie. Da noi, invece - commenta - il modello è all'insegna della burocrazia e dei ministeri. Cosicché non è possibile tenere conto delle reali esigenze del mondo della ricerca, che invece ha bisogno di certezza: di procedure, di metodi, di fondi". Solo in questo modo, sostiene il farmacologo che ieri insieme ad alcuni colleghi ha presentato il progetto in una conferenza alla Camera dei deputati, "si riuscirà a spendere meglio i soldi pubblici, che oggi si disperdono in mille rivoli".

Ma la rivoluzione copernicana per la ricerca italiana dovrebbe portare ad altri cambiamenti. "Vogliamo - continua Garattini - che alla gara per l'assegnazione dei fondi possano partecipare tutti coloro che hanno il titolo, e non solo le università o gli Irccs (gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico). Insomma - sintetizza - serve un forte segnale di discontinuità rispetto all'oggi".

Il Gruppo 2003 è consapevole del fatto che un cambiamento del genere non si potrà realizzare in breve tempo. "Ma le piccole correzioni non bastano", ammonisce ancora il farmacologo che aggiunge: "Il Governo deve dire ai ricercatori quali sono le priorità per il Paese, e deve mettere a disposizioni i fondi necessari per realizzare quegli obiettivi. Poi spetterà all'Agenzia per la ricerca, e agli esperti delle segreterie tecniche, assegnare le risorse a chi è più indicato".

Il sistema che gli scienziati italiani hanno in mente si avvale dell'esperienza maturata negli altri Paesi, e mira a ottenere un'organizzazione "flessibile", in cui "ci sia un'altra figura terza con il compito di controllare che il sistema funzioni. Ma - avverte Garattini - non si può continuare a ingolfare la ricerca con controlli in partenza. Dovrebbero invece arrivare in itinere e a posteriori". A sottolineare che questo è il momento di intervenire è Tommaso Maccacaro, presidente dell'Istituto nazionale di astrofisica. "E' proprio nei periodi di grave crisi economica come quello che stiamo vivendo - sostiene - che bisogna investire nella ricerca e nell'istruzione che serviranno ad aumentare la competitività e l'innovazione del Paese nel futuro". Maccacaro lancia "un grido di allarme per la situazione sempre più critica in cui versa la ricerca italiana. Se nel 2005 l'Italia figurava al 14esimo posto, ora siamo scesi di parecchie posizioni".

La ricetta per invertire il trend è sempre la stessa: "Valutazione e merito". Criteri che Alberto Mantovani, direttore scientifico dell'Istituto clinico Humanitas di Rozzano (Mi), chiede "per la salvezza del Paese. Visto che il confronto tra l'Italia e le altre nazioni occidentali è impietoso". Ad aggiungersi alla lunga schiera di scienziati c'è anche un ex ministro, Luigi Nicolais. "Dobbiamo ripartire da questa università, per cercare di migliorare i comportamenti che, nel corso del tempo, sono andati peggiorando fino a portarci nella situazione attuale".

Più severo con politica e istituzioni è Pier Mannuccio Mannucci, ordinario di medicina interna all'università di Milano. "L'Italia, come il resto del mondo in questo momento di crisi economica, è in difficoltà finanziaria. Ma mentre le altre nazioni reagiscono investendo maggiori risorse proprio nella ricerca, qui si decide di tagliare. Noi non siamo molto ottimisti. Almeno, come ho chiesto al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - dice - che quei pochi soldi che vengono stanziati siano dati in maniera corretta. Quindi - incalza - serve una forte discontinuità, perché oggi il 30-40 per cento delle risorse è assegnato ad personam, e non in base alla qualità del progetto di ricerca".

Pagina pubblicata il 25 novembre 2008

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