Fecondazione artificiale: ecco la via italiana nella ricerca sull'infertilità

Bologna, si è concluso ieri il Terzo Congresso Internazionale sul congelamento ovocitario, promosso dal centro Tecnobios Procreazione.

Novecentotrentasei, questo il numero dei bambini nati nel mondo, fino ad oggi, dopo la fecondazione di un?ovocita (gamete femminile) scongelato. La notizia è stata data ieri, al Terzo Congresso Internazionale, organizzato a Bologna dal centro Tecnobios Procreazione, proprio sul congelamento ovocitario.

I dati presentati hanno anticipato uno studio di review di tutta la letteratura scientifica prodotta nel mondo (in pubblicazione su Biomedicine online), dal 1986 al 2008. Da quando, proprio l'Università di Bologna, oltre venti anni fa, con i ginecologi Carlo Flamigni ed Eleonora Porcu intraprese questa nuova linee di ricerca, non priva di critiche. "Oggi si può affermare che la salute dei 936 bambini nati, in termini di rischi per difetti genetici, sia tendenzialmente buona, poiché si avvicinerebbe al tasso di incidenza delle anomalie genetiche dei bambini nati con un concepimento spontaneo", ha commentato Nicole Noyes, dell?Università di New York, una delle componenti del gruppo dei ricercatori di questo recente studio. "L'evidenza tuttavia, precisa Andrea Borini, direttore scientifico di Tecnobios, dimostra che la ricerca, pur progredendo, non può ancora verificare l?incidenza effettiva di tutte le malformazioni.

Infatti, il rapporto statistico ed epidemiologico dei difetti genetici si basa su di un altro denominatore, ed è di 1 bambino nato su 100.000 nati sani, mentre i bambini venuti al mondo, dopo la fecondazione di un ovocita congelato e poi scongelato, sono complessivamente meno di 1000." Che dire, inoltre, sulla selezione qualitativa degli ovociti congelati nel mondo e sul loro reclutamento per la ricerca? Di certo molto diversi. Se in Italia la domanda di congelamento degli ovociti proviene da donne che accedono ad un programma di fecondazione assistita per la infertilità di coppia, negli altri Paesi che promuovono questa linea di ricerca (Usa, Canada, Colombia, Messico, Spagna, ecc), le uova congelate sono quelle delle donatrici. Giovani e fertili, che attendono così una verifica di qualità, la cosiddetta "quarantena" delle uova, prima che siano utilizzate per l'ovodonazione.

Dunque, i risultati dopo lo scongelamento sono differenti in partenza. Inoltre, ci sono anche altri fattori che non fanno decollare la ricerca italiana. "I risultati sono ancora scarsi", ammette, Carlo Flamigni, il pioniere italiano, "Il numero dei centri che oggi in Italia, partecipa al progetto è basso (meno del 50%) e pochi hanno standard elevati, ecco perché i risultati sono modesti e ciò spiega l?atteggiamento di rifiuto delle coppie, che spesso non vogliono saperne di intraprendere questa strada: costosa, poco efficiente e del tutto inutile se le donne hanno superato i 38 anni." Flamigni ci ricorda che quando la sostenne all'Università di Bologna l'idea era quella di poter ragionare sulla conservazione della fertilità per le giovani donne affette da tumori dell?ovaio, mentre la ricercatrice Eleonora Porcu, del suo gruppo, voleva trovare un? alternativa etica al congelamento degli embrioni. "Entrambe delle buone motivazioni per il medesimo studio", osserva Flamigni. Oggi, anche L'Istituto Superiore di Sanità, che raccoglie solo dal 2006 i dati degli esiti della ricerca italiana sul congelamento, ne evidenzia i progressi, che hanno condotto ad un incremento dell?1% nel successo finale, in termini di gravidanze, ma a fronte di un 10% del tasso di gravidanze complessive e di un 30% di aborti.

Nessun grido di vittoria, ma un incentivo a proseguire, "magari introducendo sistemi nuovi anche rispetto alle tecniche di congelamento", come quello della vitrificazione, accanto al congelamento lento, avverte Giulia Scaravelli, la responsabile del Registro Nazionale della PMA per l? Istituto Superiore di Sanità. Un ulteriore annuncio che arriva da Bologna è quello dell'Università di Padova, dove l'andrologo Carlo Foresta, già direttore del centro di crioconservazione dei gameti maschili, assicura che presto sarà messo a punto un drg regionale per la diagnosi genetica sull'ovocita, il cosiddetto globulo polare. L'opportunità sarà offerta, in regime di convenzione a tutte le coppie che potranno accedere al centro di fecondazione assistita Tecnobios di Abano Terme (già convenzionato con la Regione Veneto). Anche in questo caso si tratterebbe di sviluppare una via tutta italiana della ricerca. La metodica, nota da molti anni, è stata trascurata dai primi ricercatori che la osservarono, per la sua complessità e per l? alta incidenza di falsi positivi ( Yuri e Oleg Verlinsky di Chicago).

E? tornata in auge, in Italia, dopo la legge 40, che di fatto limita l'esecuzione ottimale della diagnosi genetica sull?embrione e dopo che lo scorso novembre è nata, a Rieti, la prima bambina sana. "Un altro annuncio, da dare con infinita cautela", suggerisce Carlo Flamigni. "Certe signore della politica, potrebbero leggere questa sperimentazione come una soluzione per supportare la legge 40". Una semplificazione poco utile anche per le coppie, a cui occorre ricordare che oltre ad essere infertili per poter accedere, dovrebbero essere portatori di una delle malattie genetiche che si trasmette solo attraverso il patrimonio materno.

Inoltre, le donne dovrebbero essere giovani o avere una buona qualità ovocitaria, perché per poter effettuare la diagnosi e poi congelare, il numero di ovociti prodotti dev'essere ottimo."La ricerca scientifica è laica, conclude Flamigni, ed occorre lo scetticismo organizzato, cioè la capacità di fare critica."

MONICA SOLDANO
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Pagina pubblicata il 28 novembre 2008

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