Se il problema sono le signore della spesa

Sarebbe curioso vedere il Ministro Brunetta padre di tre figli che per sbarcare il lunario e barcamenare la sua situazione può contare solo sulle sue forze, perché la moglie non c?è o se c?è non è in grado di aiutarlo, ed immaginarlo tanto in difficoltà da non potersi permettere un paio di scarpe nuove, perchè ha preferito pagare l?università o la palestra ai figli.

Sarebbe divertente vederlo fare la spesa solo al discount, girare con i capelli scombinati e gli occhi strabuzzati per i troppi caffé bevuti, non avere un attimo di sosta.

Forse il Ministro per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione non ripeterebbe che le donne che vanno a fare la spesa durante l?orario di lavoro arrecano un danno al servizio pubblico e a se stesse e per questo vanno fermate.

L?onorevole Brunetta ha infatti affermato ieri in occasione del convegno sul tema ?Women at work? tenutosi al Ministero delle Pari Opportunità: «Io non voglio più che le donne scappino dall'ufficio per fare la spesa, per poi tornare a casa all'una e mezza e avere difficoltà a gestire la famiglia e tutto il resto» e ancora: «Il lavoro pubblico deve essere al servizio dei cittadini e non può essere un ammortizzatore sociale di genere»

Non è tardata la contestazione alle parole del Ministro da parte delle presenti, tra cui il Ministro delle Pari Opportunità Mara Carfagna, che ha calmato le acque ammonendo: «Le donne non devono cadere in queste provocazioni perché la stragrande maggioranza lavora seriamente.»

In teoria il Ministro Brunetta ha ragione: durante le ore di lavoro le donne non devono fare la spesa, come gli uomini non devono fermarsi alla macchinetta del caffé o per la pausa pranzo più del dovuto.
Ciò che però Brunetta sembra ignorare sono le motivazioni che portano a questi eccessi; egli parla come se non avesse la minima idea del doppio e triplo lavoro che sommerge la maggioranza delle donne che hanno scelto, o hanno dovuto scegliere, di conciliare lavoro, famiglia e se stesse.

Appare offensivo e sessista considerare normale la mole di lavoro extra, da sempre a carico delle donne, rigorosamente non retribuito: la cura della casa, dell?alimentazione, dei parenti più deboli, dei figli, delle relazioni sociali e di comunicazione tra la famiglia e il resto del mondo, ecc?, oltre al lavoro retribuito fuori casa.
Donne sempre di corsa, sull?orlo di un esaurimento, che sicuramente preferirebbero non dover fare la spesa di nascosto e sentendosi in colpa, ma si ritrovano senza alternative.

Il problema semmai è quello dell?inefficienza di molti impiegati statali, che vedono l?impiego pubblico come il ?posto fisso garantito? nel quale non serve impegnarsi e lavorare bene, ma questa è un?altra storia.
Natalia Aspesi scriveva ieri su ?Repubblica?: «Può essere giusto ritenere disdicevole lasciare il lavoro per andare al supermercato, può essere anche logico pensare che l?età pensionabile dovrebbe essere uguale per tutti, uomini e donne- sostiene la giornalista- Ma dipende in quale Paese lo dici e lo pretendi, secondo i comportamenti dei suoi uomini e i servizi che lo stato assicura. Va bene forse in Svezia, dove già dalle scuole elementari bambini ambosessi imparano i lavori domestici e dove l?assistenza alle lavoratrici, alle madri, ai bambini, a tutti, è estesa.»

Il Ministro comunque non ha dato importanza alle contestazioni, rilanciando anzi il messaggio «Vi siete mai chieste il perché della femminilizzazione della scuola e del lavoro ministeriale? E come mai ci siano poche donne ai vertici?»
Menomale che qualcuno almeno se ne è accorto e si è domandato il ?perché?.

L?On. Brunetta ha ribadito invece che entro l?estate la sentenza della Corte europea sull?equiparazione dell?età pensionabile dovrà essere rispettata, dimenticando di delineare uno scenario diverso nel quale le donne non debbano pagare sulla propria pelle l?arretratezza di una società patriarcale in crisi, che ha però un enorme bisogno della forza lavoro femminile.

di Elis Helena Viettone

Pagina pubblicata il 04 aprile 2009

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