Il Papa, i farmacisti e l'obiezione di coscienza

Qualche giorno fa il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato della Santa Sede, spara a zero contro il quotidiano la Repubblica; l’inchiesta giornalistica che analizza i costi a carico dei cittadini italiani per la Chiesa cattolica lo rende nervoso: “Finiamola con questa storia sui finanziamenti alla Chiesa…”.

Il direttore Ezio Mauro risponde per le rime rammentando al porporato che in un paese democratico certe cose non si fanno, che “Sua Eminenza è il Capo del governo di uno Stato straniero che chiede di "finirla" con il libero lavoro d'indagine (naturalmente opinabile, ma libero) di un giornale italiano. Dovrebbe sapere che in Occidente non usa. Mai”.

Sono dispiaciuto di cotanta incomprensione, anche perché il Cardinale, con il sorridente faccione dalla mascella squadrata, sta facendo un buon lavoro a favore dei laici.

Ieri, Papa Benedetto XVI, ex artigliere della Wehrmacht, spara una cannonata contro la pillola del giorno dopo e la RU486. L’occasione gli si presenta durante l’incontro con la Federazione internazionale dei farmacisti cattolici: "L'obiezione di coscienza è un diritto che deve essere riconosciuto alla vostra professione permettendovi di non collaborare direttamente o indirettamente alla fornitura di prodotti che hanno per scopo le scelte chiaramente immorali, come per esempio l'aborto e l'eutanasia". La Federfarma replica immediatamente che in Italia è un obbligo di legge garantire i medicinali prescritti. Certo, messa così è dura: se il farmacista obietta, rischia una condanna, è quindi probabile che l’appello di Sua Santità cada nel vuoto.

Anche questa circostanza mi procura rammarico perché, diciamolo fuori dei denti, questo pontificato sta facendo un buon servizio alla causa laica.

C’è da auspicare che nessuno ostacoli il rapido raggiungimento degli obiettivi, ormai chiari, della Santa Sede. Se così fosse, vedrei probabilmente realizzato il mio sogno di cinquantenne aconfessionale: quello di vivere in uno stato laico.

Il Santo Padre ed i suoi colonnelli ce la stanno mettendo tutta, ma non è abbastanza; determinati e costanti negli appelli, mancano di competenza realizzativa. Non sono sufficienti le parole per modificare l’identità culturale del popolo italiano, quella sintetizzabile con l’antico adagio: “Franza o Spagna purché se magna”. No, non può bastare. E’ quindi necessaria l’azione.

Perché non far presidiare le farmacie crumire da squadriglie di cattolici integralisti?

A questo punto, l’osare è di buon auspicio. Perché non scrivere un’enciclica sulle “posizioni dell’amore” ammesse dalla Chiesa cattolica? Una sorta di Kamasutra vaticanense che bandisca dal talamo nuziale la posizione della “pecorina” – quella preferita dal Diavolo – per ammettere quella del “missionario”, più angelica e consona ai fini riproduttivi.

Perché Sua Santità non osa? Potrebbe imporre l’introduzione di due diverse carte d’identità, ad esempio. Ciascuna di un colore diverso. Una che dia accesso alle prestazioni tipiche di uno stato laico in fatto di sanità, scuola e diritti; l’altra no. Il cittadino sceglie in piena libertà, il Santo Padre conta finalmente i suoi figli ed i laici vengono liberati dall’oppressione catto-integralista.

A nulla servono i richiami alla non ingerenza, a nulla serve scandalizzarsi quando il Vaticano esorta intere categorie professionali di uno stato straniero all’inosservanza delle sue leggi. Il Belli descrive in un sonetto lo spirito che arma il Papa Re:

"C’era una vorta un Re cche ddar palazzo
Mannò ffora a li popoli st’editto:
Io sò io, e vvoi nun zete un cazzo,
Sori vassalli bbuggiardoni, e zitto"

Pertanto, poiché è impossibile arrestare il dilagare dell’arrogante onnipotenza divina, lasciamoli fare. Chissà se il popolo supino…

Mauro David

Pubblicato 31/10/2007

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