Caso Welby, auspicabile una rapida soluzione giudiziaria

Una legge per non ripetere il caso Riccio. Il controverso e discusso caso Welby ha smosso le coscienze di medici, politici e titolisti di giornali.

Oggi se ne torna a parlare per la presa di posizione della Società  Italiana di Neurologia (SIN) che auspica una rapida soluzione giudiziaria della vicenda ma anche il varo di una legge che chiarisca una volta per tutte responsabilità  dei medici e competenze della magistratura

L'antefatto, è noto, risale alla decisione di Mario Riccio, anestesista all'Ospedale di Cremona, di accogliere la richiesta, lo scorso 20 dicembre, di Piergiorgio Welby di interrompere la ventilazione artificiale che lo teneva in vita. La decisione del medico passò al vaglio dell'Ordine dei medici di Cremona che decise all'unanimità  di non aprire un procedimento disciplinare nei suoi confronti dal momento che la richiesta di distacco del respiratore artificiale, da parte di Welby, costituiva la negazione del consenso ad un trattamento terapeutico da parte di un paziente capace di intendere e di volere e pienamente consapevole delle conseguenze che l'interruzione del trattamento avrebbe determinato.

Un parere analogo era stato espresso il 5 marzo dal Procuratore della repubblica di Roma che, visto l' esito dell' autopsia, aveva formulato la richiesta di archiviazione del caso, non ravvisando alcuna ipotesi di reato nei fatti che la sera del 20 dicembre avevano portato alla morte di Piergiorgio Welby. Il 7 giugno il GIP ha però valutato diversamente i fatti e ha rigettato la richiesta di archiviazione del PM disponendo che Riccio fosse rinviato a giudizio per "omicidio del consenziente.

"Il GIP ha affermato che il diritto alla vita è inviolabile, e limita anche il diritto a rifiutare le cure sancito dall'articolo 32 della Costituzione e adottato dagli articoli 35 e 53 del Codice Deontologico dell'Ordine dei Medici.

Su quest'argomento è arrivato il commento della SIN: "Noi neurologi - si legge in una nota a firma di Mario Manfredi, Presidente della SIN, Virginio Bonito e Carlo Alberto Defanti del Gruppo di Studio per la Bioetica e le Cure Palliative della SIN - incontriamo quotidianamente persone con patologie neurodegenerative che possono portare a una disabilità  talvolta gravissima paragonabile a quella di Piergiorgio Welby.

La nostra responsabilità  professionale nei loro confronti sta cambiando. In passato sembrava che il nostro compito potessi limitarsi alla diagnosi e alla ricerca sulla malattia: ora sappiamo che prendersi cura di queste persone richiede equipe multi-professionali capaci di operare con continuità  sia a domicilio che in ospedale, capaci di comunicare con il paziente e i suoi familiari per aiutarlo a vivere meglio con una malattia che le cure non possono guarire. Questo approccio - dicono i neurologi - richiede un cambiamento di mentalità  e una riorganizzazione dei servizi che consenta ai pazienti un'assistenza specialista da parte di un neurologo anche nei momenti terminali della malattia.

E' in queste fase , caratterizzata da gradi di disabilità  che dipendono dalla qualità  delle cure e degli ausili adottati, che può maturare la decisione in merito alla paralisi respiratoria irreversibile: alcuni sceglieranno di non sopravvivere alla paralisi; altri potranno decidere di vivere ancora diversi anni grazie alla ventilazione artificiale; alcuni la subiranno in condizioni di emergenza. Le decisioni in questo ambito delicato secondo moltissimi punti di vista, sono critiche e molti colleghi - continua la nota - non se la sentono di accogliere le richieste dei malati. Prevale la ripugnanza istintiva a compiere un atto che conduce alla morte, o il timore di essere denunciati per un atto di eutanasia".

Va anche evitato di creare un meccanismo perverso in conseguenza del quale i pazienti non vogliano iniziare una ventilazione solo per il timore di non poterla più sospendere quando le circostanze dovessero renderla inaccettabile.

"Se fosse definitivamente stabilito che anche la ventilazione può essere lecitamente sospesa, sarebbe più facile iniziarla. Per questo chiediamo che in parlamento si arrivi a una legge che ridia univocità  alle interpretazioni dei magistrati, e auspichiamo che si arrivi in tempi brevi ad una sentenza sul caso Riccio. Speriamo - concludono - che al più presto la morte di Piergiorgio Welby possa essere raccontata come una testimonianza coraggiosa, per la vita e per la sua qualità ".

Pagina pubblicata il 09 luglio 2007

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