Alzheimer, i segnali si possono osservare in età giovanile
Alzheimer, è possibile individuare i primi segnali in gioventù, proprio quando la malattia è così lontana da apparire estranea al soggetto.
Una recente ricerca, portata a termine dal Banner Alzheimer's Institute in Arizona, dalla Boston University e dalla University of Antioquia, ha riscontrato una forma del morbo in alcuni ragazzi circa vent'anni prima che i sintomi si sviluppassero.
Lo studio, pubblicato sulla rivista specialistica Lancet Neurology, è stato condotto su un gruppo di ragazzi tra i quali il 30% presentava la mutazione del gene presenilina 1 (PSEN 1). Una mutazione genetica che predispone allo sviluppo precoce dell'Alzheimer.
Si tratta, secondo gli scienziati, di una forma ereditaria rara che però consente di osservare i primi segnali della patologia prima che questa sviluppi i veri e propri sintomi clinici.
L'interesse per la scoperta, si legge nello studio, risiede nel fatto che una volta palesati i sintomi, le terapie perdano di efficacia perché il danno al sistema nervoso è ormai esteso.
Ecco quindi che se fosse possibile identificare precocemente le tracce che predispongono all'Alzheimer, i test clinici potrebbero essere più adeguati consentendo la prevenzione della malattia.
La ricerca ha coinvolto 44 persone con un'età compresa tra i 18 e i 26 anni. All'epoca dello studio nessuno dei soggetti presentava problemi cognitivi.
Dopo aver analizzato il sangue, il liquido cerebrospinale (Csf) e grazie all'utilizzo di immagini cerebrali, è stato rilevato che 20 dei partecipanti presentavano una mutazione nel gene PSEN 1. Ciò, dicono i ricercatori, rende certo lo sviluppo dell'Alzheimer.
Dal confronto con il gruppo dei 24 che non presentava la mutazione genetica, sono emerse notevoli differenze sia nella struttura che nel funzionamento cerebrale.
I soggetti con la mutazione genetica nel PSEN1 presentavano una maggiore attività nell'ippocampo, la zona del cervello in cui è coinvolta la memoria. Inoltre le immagini cerebrali hanno consentito di rilevare in alcune aree del cervello una ridotta materia grigia.
L'analisi del liquido cerebrospinale ha poi consentito di misurare alti livelli di beta-amiloide nei soggetti con la mutazione del gene.
La beta-amiloide è una proteina, oggetto anche di recenti studi, che svolge un ruolo chiave nella formazione di placche amiloidi nel cervello che, 'spegnendo' i neuroni, sviluppano l'Alzheimer. Questa proteina è di solito presente 10-15 anni prima che la malattia sviluppi i sintomi clinici, motivo per cui è identificata come un marcatore biologico chiave dell'Alzheimer.
In genere i soggetti con la mutazione del gene PSEN 1 mostrano i primi problemi cognitivi intorno ai 45 anni, la ricerca però ha dimostrato di poter identificare i marcatori biologici dell'Alzheimer molto tempo prima che la malattia si manifesti, con circa 20 anni di anticipo.
Eric Reimn, uno dei ricercatori, ha spiegato che "Queste scoperte suggeriscono che i cambiamenti cerebrali inizino molti anni prima della manifestazione clinica del morbo di Alzheimer e ancora prima della deposizione delle placche amiloidi. Emergono nuove domande sui precoci cambiamenti cerebrali coinvolti nella predisposizione all'Alzheimer e sull'estensione in cui possono essere individuati per future terapie preventive".
Per approfondire:
Alzheimer, individuata la proteina forse responsabile della malattia
6 novembre 2012