La febbre in età pediatrica, quando preoccuparsi. Le nuove linee guida

I bambini spesso sono colpiti da stati febbrili, i genitori debbono fare i conti con questa circostanza. Quando è necessario preoccuparsi e intervenire con appositi farmaci? Le nuove linee guida del National Istitute For Health and Care Excellence (NICE).

Il bambino con la febbre rappresenta sempre una preoccupazione per un genitore, ma è necessario tenere in considerazione che gli stati febbrili non sempre devono essere trattati con i farmaci antipiretici.

Infatti, il bambino va soggetto ad infezioni virali o batteriche che servono ad allenare il suo sistema immunitario a riconoscere e rispondere agli attacchi. La maggior parte delle volte sia la febbre che l'infezione che l'ha procurata passano senza lasciare esiti.

Tuttavia, la febbre può anche essere il campanello d'allarme di una malattia che necessita di un approfondimento. Su questa circostanza il NICE con le sue linee guida offre delle risposte.

Una prima indicazione è quella che fino ai sei mesi del bambino quello che dice il termometro può essere un segnale di allarme che può condurre dal pediatra. Il NICE afferma infatti che "fino a tre mesi si accende a 38°C, in quelli fino a sei mesi a 39°C".

Gli esperti del NICE chiariscono che: "Oltre questa età, invece, il valore della temperatura, anche se è molto alto, da solo non basta a distinguere le situazioni da non sottovalutare: contano di più altri elementi, per esempio alterazioni dello stato di coscienza o delle interazioni del bambino con gli altri, anomalie gravi della respirazione o del colorito di pelle e mucose, rigidità del collo".

Alberto Tozzi, pediatra dell'Ospedale Bambino Gesù di Roma e Marina Picca, presidente della Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche, sostanzialmente concordano.

"Se il piccolo ha 39°C di febbre ma è tranquillo e gioca senza lamentarsi, non occorre nessuna terapia", spiega Tozzi.

Picca aggiunge che la "febbre va trattata solo quando rende il piccolo sofferente e irritabile, non lo lascia dormire o mangiare normalmente".

Inoltre, ormai da anni, i pediatri sostengono che è difficile combattere dei pregiudizi piuttosto diffusi secondo i quali la febbre alta può portare a gravi problemi come, ad esempio, i danni cerebrali. Non ha quindi alcun senso sottoporre il bambino a pratiche che non fanno altro che irritarlo, come spugnature o altri sistemi fisici.

Tornando alle nuove linee guida del NICE, un nuovo elemento che va tenuto presente è la frequenza cardiaca.

Secondo gli esperti il rischio che il bambino abbia qualcosa di più serio di un banale raffreddore va considerato quando:

  • la frequenza cardiaca è superiore ai 160 battiti al minuto per bambini con età inferiore ad un anno;
  • 150 battiti al minuto tra uno e due anni;
  • 140 battiti oltre i due anni.

Nei casi in cui non si riscontrino altri segnali di allarme, anche se la febbre è alta, è possibile che il bambino abbia contratto patologie benigne, ad esempio a sesta malattia che in genere passa dopo tre giorni.

In merito ai farmaci antipiretici, quelli autorizzati per i bambini sotto i sei anni di età sono paracetamolo e ibuprofene. Gli esperti del NICE sottolineano che "vanno usati per contrastare il malessere del bambino, e soltanto finché il malessere dura".

E' necessario comunque fare attenzione, avvisa Antonio Clavenna dell'Istituto Mario Negri di Milano, perché "anche attenendosi alle dosi consigliate è possibile superare nel corso della giornata la soglia di tossicità".

L'importanza di usare i farmaci solo per il tempo necessario è sottolineata anche da Tozzi. L'esperto spiega che "è possibile danneggiare il fegato se si prosegue con le dosi massime consentite per parecchi giorni".

I foglietti illustrativi del paracetamolo e dell'ibuprofene indicano, come intervallo tra un'assunzione e l'altra, rispettivamente 4-6 ore e 6-8 ore. Tozzi chiarisce che queste raccomandazioni "non vanno intese nel senso che dopo questo tempo si deve ridare il farmaco, ma solo che lo si può fare se il bambino è di nuovo sofferente".

L'agenzia italiana del farmaco (AIFA), a seguito di segnalazioni di intossicazione da paracetamolo ha modificato le indicazioni contenute nel bugiardino. Ora la posologia fa riferimento all'età e al peso del bambino e "nel caso in cui vi sia discordanza, quel che conta è il peso", chiarisce Clavenna che consiglia la somministrazione orale del farmaco utilizzando le supposte solo se il vomito la rendesse impossibile.

Il paracetamolo, è molto diffuso soprattutto nei Paesi anglosassoni e percepito come un farmaco innocuo, secondo la Food and Drug Administration (FDA). Motivo per cui molti pazienti superano le dosi prescritte, circostanza che ha causato casi di danno epatico.

Così nel 2011 la FDA ha chiesto ha chiesto a tutti i produttori di limitare a 325 mg per compressa la quantità di paracetamolo, chiedendo nello stesso tempo di evidenziare nelle etichette i possibili rischi di danni epatici.

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