Fatebenefratelli, la Regione sta con i cittadini e i lavoratori o con gli imprenditori privati?

Lavoratori del Fatebenefratelli in piazza per protestare contro l’annunciato piano che prevede, sul personale, tagli per 6 milioni l’anno e 200 dipendenti in esubero. Che farà Zingaretti?

I dipendenti del nosocomio sull’Isola Tiberina hanno manifestato sul lungotevere, altri presso il ministero della Salute. Il problema è sempre lo stesso ed è rappresentato dai tagli imposti dal Piano regionale di rientro dal deficit e dalla spending review.

Insomma, quella del Fatebenefratelli è una condizione che si verifica con meno soldi che entrano e, per dirla come la spiega Tiziana Frittelli a la Repubblica, anche alla “scarsa trasparenza dei conti, l’inadeguatezza del management e ad una gestione inadeguata del personale”.

Ovviamente la Cgil scende in campo a difesa dei lavoratori spiegando, anche qui con la solita litania, che la crisi aziendale non si risolve scaricandola sul personale.

Si ripete così il solito copione delle strutture religiose accreditate - privati imprenditori, tanto per intenderci - che minacciano licenziamenti se la Regione non interviene con i soldi delle tasse pagate dai cittadini.

Cosa farà Zingaretti al “tavolo di crisi” che vedrà protagonisti la Regione, i sindacati e gli imprenditori privati?

Cerchiamo di capire.

Nel Lazio la sanità privata, quella che va dagli ospedali religiosi ai policlinici universitari, è alla canna del gas.

Con l’introduzione dei tetti di spesa per ogni centro accreditato definiti dalla Regione, dopo la sentenza del Consiglio di Stato e dei successivi pronunciamenti della Corte Costituzionale, per i privati la musica è cambiata. Prima emettevano fattura e la Regione pagava. Ora, invece, superati quei limiti non prendono un euro.

A questa circostanza, si aggiungono 250 milioni di euro non corrisposti per prestazioni inappropriate o incongrue, accertate nel corso dei controlli della Regione.

Va inoltre considerato che la spesa sanitaria è ormai ridotta ai minimi termini e non è più possibile tagliare. Opinione, quest’ultima, condivisa da tutti gli addetti ai lavori.

In Italia, secondo il Rapporto Ceis/Crea, spendiamo il 24% in meno degli altri Paesi Ue. La spesa cala così come una scure su cittadini, soprattutto nelle Regioni in "rosso", che vuol dire, ad esempio nel caso del Lazio, che i cittadini pagano il disavanzo regionale di tasca propria sempre di più (+4,7% nel 2011).

Insomma, la torta si riduce. In questo scenario, sempre secondo il Rapporto Ceis/Crea, la sanità pubblica non investe più nelle strutture, al contrario degli imprenditori privati. Così se le strutture pubbliche chiudono ogni giorno dei servizi, quelle private accreditate invece li aprono confidando nel convenzionamento regionale e su eventuali azioni di salvataggio (a spese dei cittadini) nel caso le cose dovessero mettersi male.

In altre parole, la situazione del Fatebenefratelli si verifica perché l’imprenditore ha fatto passi più lunghi della gamba.

Situazione simile a quella dell’Idi e del San Carlo di Nancy. Nel Lazio è ormai un circostanza ricorrente. Nicola Zingaretti li ha “salvati” pagando gli stipendi dei lavoratori, farà la stessa cosa per il Fatebenefratelli? E in questo caso qual è la strategia che l’attuale Giunta intende perseguire?

Ogni euro che esce per tappare i buchi di bilancio creati dagli imprenditori privati della salute viene sottratto alla sanità pubblica. Ciononostante il privato continua ad investire nell’apertura di nuovi servizi per erogare prestazioni a volte inappropriate e contrarie alle linee guida internazionali.

Quanto può durare questo drenaggio di risorse ai danni del Servizio sanitario?

Centinaia di milioni di euro in “salvataggi” del privato mentre per il pubblico, che da almeno 10 anni vive in condizioni ormai disperate e di lenta e progressiva disgregazione, Zingaretti ha finora riservato solo l’assunzione di una cinquantina di medici per i Pronto soccorso più altri 30 per il controllo delle cartelle cliniche delle strutture private. Certo, ha anche rifinanziato i Centri di salute mentale.

Tutti interventi improcrastinabili perché se i Pronto soccorso non possono essere certo chiusi, i controllori erano necessari per dare una risposta (elettorale?) alle polemiche nate dopo lo scandalo dell’Israelitico e della Villa delle Querce della famiglia Garofalo. I centri di salute mentale, poi, è noto che i privati accreditati non li vogliono.

E’ ovvio che non siamo contro i lavoratori, ma siamo anche per la tutela della salute dei cittadini. Quelli che non riescono più a pagare il ticket e rinunciano alle cure.

Zingaretti potrebbe fare la scelta giusta, questa ennesima crisi che riguarda una struttura importante della città potrebbe essere un’opportunità di cambiamento radicale della politica sanitaria regionale.

Le ipotesi possibili

Se vuole proteggere solo i lavoratori, Zingaretti paga gli stipendi e tutto resta uguale. Sarebbe però politicamente poco estetico, oltre a rimandare la soluzione del problema.

Potrebbe però anche assumere gli esuberi dichiarati per utilizzarli nelle strutture pubbliche che sono ormai al collasso in termini di personale. Una goccia nel mare, ma meglio di niente.

Ma in questo caso il buon senso di un bravo amministratore porterebbe alla decisione di cancellare l’accreditamento di alcuni servizi del Fatebenefratelli (altrimenti si ricomincia a suonare la stessa musica).

Se poi Zingaretti ha davvero a cuore la salute dei cittadini, il posto di lavoro dei dipendenti minacciati e il buon funzionamento della Sanità pubblica, si prende tutto il “pacco”. Il Fatebenefratelli diventa pubblico e l’imprenditore privato si dedica ad altre cose.

Insomma, fa quello che fece Rosy Bindi quando acquisì il polo oncologico San Raffaele (ora Ifo) da Don Verzé che con i soldi ci comprava gli aerei da 20 milioni perché odiava fare la fila in aeroporto.

Quello che farà Zingaretti ci dirà da che parte sta, se da quella dei cittadini o quella degli imprenditori della salute.

IN ARGOMENTO:

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di Mauro David

Pubblicato il 11/3/2014

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