In occidente il seno rischia 6 volte di più

Lo stile di vita occidentale fa rima con maggiori rischi di ammalarsi di cancro al seno. Per le donne che vivono in questa parte del pianeta, infatti, le probabilità di ammalarsi del principale tumore femminile sono 6 volte maggiori rispetto a quelle delle donne africane, asiatiche o sudamericane.

A mettere in guardia le italiane, come le europee e le nordamericane, è Gabriel Hortobagyi, vero e proprio 'guru' della lotta al tumore della mammella.

L'esperto, a Roma per un incontro sul tema, è direttore del dipartimento di Brest Medical Oncology e del Brest Cancer Research Program dell'università del Texas, oltre che presidente eletto dell'Asco (American Society of Clinical Oncology), la società scientifica degli oncologi medici Usa.

"Il problema - rivela Hortobagyi - è che alcuni fattori di rischio possono essere evitati, altri no. A cominciare dal fatto che in Occidente si fanno pochi figli e molto tardi. Mentre avere gravidanze da giovani rappresenta un fattore protettivo. Ma - commenta l'esperto - possiamo forse cambiare le abitudini della nostra società, o frustrare le ambizioni di carriera delle donne?".

Stesso discorso per l'alimentazione: "Mangiare meglio e abbondante ha scongiurato molte malattie da denutrizione ma - continua il 'guru' - ha anche incrementato le probabilità di ammalarsi di altre patologie.

Tra cui il tumore della mammella che, per esempio, ha un legame evidente con l'obesità per le over 50 anni". Analogamente "l'alcol determina un aumento del 30% di insorgenza della neoplasia al seno se si consumano uno o due bicchieri al giorno. Mentre in altre culture le donne non bevono affatto o poco per via della loro posizione sociale. Una situazione per noi inaccettabile".

Si potrebbero, prosegue Hortobagyi, tenere nel giusto conto "i risultati di numerosi studi che sottolineano come l'attività fisica intensa in giovane età produca un sensibile abbassamento del livello degli estrogeni nelle bambine e adolescenti. Una condizione che si riflette nel tempo in una minore incidenza del cancro al seno. Ma - incalza l'oncologo - non possiamo certo desiderare per le nostre figlie o sorelle un futuro a senso unico, di ballerine o atlete. Solo promuovere l'attività fisica come abitudine salutare".

Un suggerimento che sposa anche Paolo Marchetti, professore di oncologia medica all'ospedale Sant'Andrea di Roma, presente all'incontro con i giornalisti.

"L'attività fisica - dice l'esperto italiano - fa tanto bene che nel nostro ospedale abbiamo iniziato ad affiancare alle donne operate di tumore della mammella un personal trainer, e abbonamenti a impianti sportivi per insegnare alle pazienti la buona abitudine. Sulla scorta dei risultati di uno studio del 2006, secondo cui se si fa attività fisica si sopravvive di più alla chemioterapia".

E i geni che ruolo hanno nella genesi del cancro al seno? "Sicuramente - riprende Hortobagyi - il Dna 'occidentale' contiene mutazioni che espongono maggiormente alla malattia. Ma in questo campo - ammette - sappiamo ancora molto poco". Infine, capitolo terapia ormonale sostitutiva.

"E' assodato - conclude uno dei massimi esperti mondiali in materia - che gli ormoni per alleviare gli effetti della menopausa se assunti per anni, come è avvenuto in Usa e in Europa, producono un aumento delle probabilità di ammalarsi".

"I risultati dello studio - sostiene il dott. Paolo Radice, dell'Istituto Nazionale dei Tumori, che coordina un'unità di ricerca presso Istituto FIRC di Oncologia Molecolare (IFOM) - suggeriscono che in futuro, associando i test per la ricerca di mutazioni nei geni BRCA con l'analisi dei geni 'modificatori', sarà possibile ottenere stime sempre più accurate del rischio di cancro nei soggetti con predisposizione ereditaria. Ciò permetterà di definire in maniera sempre più 'personalizzata' le misure per la riduzione del rischio da adottare caso per caso, consentendo in questo modo di migliorare l'efficienza di programmi di sorveglianza e prevenzione".

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Pagina pubblicata il 31 marzo 2008

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