L'inserimento lavorativo dei disabili. Legge 68/99
HANDICAP E INSERIMENTO A LAVORO
La legge 68/99(1) non ha rappresentato solamente il superamento della normativa precedente ma, abbandonando la filosofia puramente assistenzialistica della legge 482/68(2), ha strutturato le nuove regole impostandole sul principio di un collocamento del disabile che rispetti le potenzialità lavorative del lavoratore senza, nel contempo, penalizzare le aspettative dell'azienda che l'assume.
La normativa infatti si è fortemente ispirata a percorsi d'inserimento lavorativo maturati, perfezionati e predisposti dai servizi delle ASL, dei Comuni e delle Province, di alcune regioni del Nord Italia(3).
Tali esperienze locali furono realizzate in virtù del d.p.r. 616/77(4) che aveva trasferito le competenze relative alla formazione professionale e il supporto all'inserimento lavorativo dei disabili dalle disciolte Associazioni o Enti agli enti locali.
La quasi totalità delle leggi sull'assistenza varate dalle Regioni contiene norme relative all'inserimento lavorativo. In sintesi, questi servizi prevedono la presa in carico dei disabili seguiti dalle ASL a partire dalla frequenza della scuola materno/infantile, e poi via via per tutto il percorso del ciclo scolastico.
Infine, a seguito di un esame dell'equipe medico/scientifica che valuta le potenzialità lavorative del disabile, vengono decisi i percorsi di formazione che prevedono anche stage aziendali e tutoraggio al momento dell'inserimento definitivo al lavoro.
Di queste esperienze si trova traccia in diversi accordi (azienda, servizi, sindacato) che, dopo il varo della legge 56/87(5), sono stati trasformati in accordi o convenzioni approvate in sede di Commissione Regionale per l'Impiego (del resto anche la legge 68/99 suggerisce di ricorrere a tale normativa in caso d'inserimento lavorativo particolarmente problematico).
È da evidenziare che l'utenza seguita dai servizi solitamente consiste in una fascia d'invalidità medio grave e che nel panorama dei disabili disoccupati rappresenta circa il 10.
La nuova legge, però, si è dovuta confrontare con alcune difficoltà oggettive:
- la mancata attuazione della legge 335/95(6), laddove erano previste la revisione e l'armonizzazione dei criteri di riconoscimento dell'invalidità. Tali criteri non devono più essere basati su valutazioni esclusivamente di carattere medico/legale ma anche su valutazioni funzionali;
- i disabili disoccupati già iscritti alle liste speciali, al momento del varo della legge, e non seguiti dai servizi delle ASL o da altri Enti (90 degli iscritti).
Per la verità, la nuova normativa prevede che, prima dell'avviamento al lavoro, il disabile debba essere, ove possibile, valutato considerando il tipo d'invalidità in relazione alla preparazione professionale.
Questo tipo di valutazione finalizzata all'inserimento lavorativo – nella migliore delle ipotesi - viene effettuato, tramite un semplice colloquio, da un'agenzia specializzata presso cui le varie Province inviano gli interessati.
Queste carenze istituzionali hanno dato il pretesto all'attuale Governo di modificare la legge 68/99 tendendo al suo svuotamento, attraverso:
- provvedimenti che continuano a calcolare nell'aliquota di disabili da assumere anche gli orfani e le vedove del lavoro, di servizio e di guerra; tali categorie sarebbero invece dovute rientrare in una normativa a sé stante(7);
- la riforma del collocamento: la legge 30/2003 e il decreto attuativo d.lgs. 276/2003.
Ci riferiamo in particolare all'articolo 14 di questo decreto che riduce il disabile a mera mercé di scambio, relegandolo in strutture che non rappresentano certo l'ideale per una sua piena integrazione sociale.
Ci pare quantomeno sconcertante che un sottosegretario al lavoro in una pubblica assemblea abbia spacciato questa norma come la migliore soluzione per dare lavoro ai disabili poiché «è l'unico mezzo in quanto se aspettiamo che le Istituzioni locali attuino la delega trasferita dall'Amministrazione centrale (delega risalente al d.p.r. 616/77) circa la realizzazione dei servizi d'inserimento lavorativo passerebbe troppo tempo».
Ci permettiamo per lo meno di osservare che - in base a quale logica ci sfugge - si condannano i disabili all'emarginazione e si assolvono gli amministratori che, per mancanza di sensibilità sociale o per trascuratezza, non hanno provveduto ad attuare precisi dettami di legge.
Ed è per questo che si può affermare che a causa dei ritardi (per usare un eufemismo) di molte Amministrazioni locali la nuova legge 68/99 è applicata (più o meno) con gli stessi criteri utilizzati per la 482/68.
Si disattende pertanto lo spirito innovativo della legge 68/99, che puntava sulla professionalità del disabile da inserire, e si tende a utilizzare in modo distorto ed eccessivo lo strumento della convenzione.
Ribadiamo, perciò, che giudicare la nuova legge un provvedimento farraginoso e complesso, non adatto per l'inserimento dei disabili medio gravi, significa non conoscere la storia dei successi che hanno convinto il Legislatore a generalizzare il metodo del collocamento mirato. Oppure, più semplicemente, significa essere contrari all'inserimento dei disabili nei normali cicli produttivi.
L'impegno del sindacato deve essere quello di operare per la piena integrazione dei disabili puntando a un loro completo inserimento nella vita sociale e contrastando a tutti i livelli istituzionali chi, per un mero calcolo economico o per mancanza di sensibilità, tende a rimandare i disabili in strutture segreganti.
Vediamo ora in modo schematico le principali e più importanti caratteristiche della legge 68/99.
(1) Legge 12 marzo 1999, n. 68 «Norme per il diritto al lavoro dei disabili», in vigore dal 18 gennaio 2000 (300 gg. dopo la sua pubblicazione sulla GU).
(2) Legge 2 aprile 1968, n. 482 «Disciplina delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private».
(3)In particolare: Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna.
(4) Attuazione della delega di cui all'ari. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382 «Norme sull'ordinamento regionale e sulla organizzazione della Pubblica Amministrazione».
(5)«Norme sull'organizzazione del mercato del lavoro».
(6) Legge 8 agosto 1995, n. 335 «Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare».
(7) Così recita l'art. 18 comma 2 della legge 68/99.
Pubblicato dicembre 2005