E’ andata bene ma non è così facile abortire
In Italia l'aborto, a 40 anni dalla legge, è ancora un percorso ad ostacoli che rende sempre più difficoltoso il riconoscimento di un diritto garantito da una legge dello Stato Italiano. Riceviamo e pubblichiamo questa testimonianza.
"Mi sento in dovere di condividere con voi l'esperienza vissuta dalla mia compagna e dal sottoscritto, appena conclusasi. Nonostante sia un uomo (anche se munito di cuore e sensibilità e umanità) e quindi non direttamente "coinvolto", sono certo che - come è stato per per noi utile reperire su web esperienze raccontate da chi ci "è passato" - quanto segue sarà letto attentamente da molte persone e, spero, sia di valido supporto (tecnico e morale).
Esperienza dura, sofferta, difficile da raccontare, quasi impossibile "estenderla" a famigliari ed amici, quasi "arduo" parlarne "in coppia" (anche se dal primo momento abbiamo sempre condiviso, fra noi, ogni passaggio "mentale" e "materiale"), ma per questo motivo non deve esser tenuta nascosta a coloro che magari potranno trarne speranza e rassicurazione.
Percorso iniziato con un test di gravidanza, positivo. Nonostante la mia età (la mia compagna è notevolmente più giovane) non possiamo assolutamente portare avanti la gravidanza. E decidiamo di comune accordo di interromperla. L'inizio non è stato confortante. Ginecologa della Brianza, palesemente contraria all'aborto, che al primo contatto telefonico, durante il quale dichiariamo le nostre intenzioni, da subito sembra ostacolarci e non badare alle nostre volontà, informandoci molto superficialmente sul percorso da intraprendere.
Non ci sentiamo assistiti in questa triste vicenda dobbiamo ancora una volta farci coraggio e usare il cervello. Con l'aiuto di un ginecologo di Cusano Milanino, e forse di un pò di fortuna che ci conduce a lui, siamo sulla strada giusta. Ma è solo l'inizio di una strada lunga, da percorrere nei tempi previsti dalla Legge 194. Quindi non possiamo sbagliare né arrivare "tardi" in fondo alla via.
Prima ecografia. Non viene visualizzato l’embrione... settimana successiva stessa visita ma è visibile. Il tempo intanto passa nel rispetto della settimana "di ripensamento”.
Appuntamento al Niguarda (Ospedale di Milano) per gli esami previsti durante il pre-ricovero. Per queste indagini, le procedure (adottate al Niguarda) impongono che solo le prime dieci persone che verranno accolte all'accettazione IVG (interruzione volontaria di gravidanza ) potranno "continuare" il percorso intrapreso ed accedere agli esami pre-operatori.
Purtroppo, questo è stato un duro colpo psicologico e fisico. La mia compagna, stanca, arriva in ospedale con molto anticipo. Ci troviamo all'accettazione ben quattro ore prima dell'emissione (dal totem touch screen di prenotazione) dei biglietti numerati che vengono stampati solo dalle 12,30 alle 14,00.
Il ginecologo ci consiglia di arrivare al totem delle prenotazioni un paio d'ore prima dell'orario di messa in funzione. Ma non abbiamo certezze che si presenteranno più di 10 persone. Ed arriviamo all'alba. Dopo un'attesa estenuante, con l'aiuto di una lista "fai-da-te" scritta su un pezzo di carta annotiamo le persone in ordine di arrivo anche nel rispetto di chi (come noi) era già in coda da ore. Fino all'ultimo secondo non abbiamo certezza che i presenti rispettino l'ordine di arrivo nel premere il "tasto" IVG. La mia compagna è esausta, avverte stanchezze anche fisica. Ma alla fine riusciamo ad essere il "primo" paziente fra i dieci.
Da qui in poi, le piccole procedure di indagine pre-operatoria (quindi esami del sangue, stato fisico generale ed ecografia, già fatta in studio, quindi non effettuata in ospedale) ci fanno per un attimo dimenticare la tensione delle ore vissute in attesa dell'emissione dei biglietti. Che ricordo avrebbero consentito l'accesso alla "seconda parte" solo alle prime dieci donne. Il ginecologo ci aveva garantita "assistenza" in caso non fossimo rientrati fra i primi dieci…. ma anche di questo suo gesto di estrema gentilezza e umanità non avevamo certezza assoluta.
In questa giornata, veniamo a conoscenza della data del day hospital, fissata a due settimane successive. Nel frattempo abbiamo totalizzato il numero di settimane massimo consentito dalla Legge, conteggiato dall'ultimo giorno dell'ultimo ciclo, che permette di interrompere volontariamente una gravidanza. Ma nonostante l'aspetto tecnico c'è, e pesa moltissimo, il lato psicofisico. L'attesa, il corpo della mia compagna che inizia a cambiare, la debolezza, la nausea costante, eruzioni cutanee… la stanchezza mentale.
Riusciamo, due giorni fa ad arrivare al day hospital. Ma anche stavolta la vetta, a pochi metri da noi, ce la siamo sudata. Il pomeriggio antecedente alloggiamo in un hotel vicino al Niguarda. Evitando sveglie notturne, traffico tipico di quelle zone, malessere. A digiuno dalle 22.00 della sera prima. Assunzione di antibiotico da 100mg, come da profilassi. Cena leggera e entrambi concentrati sul giorno fatidico. La mattina sveglia alle 5:30, ci prepariamo lentamente, quasi in silenzio. A stomaco vuoto, tranne il secondo antibiotico. Entriamo in auto e dopo pochi metri la nausea si ripresenta e la mia compagna non riesce a trattenerla. Ci fermiamo durante la strada quasi priva di traffico e le ore 7.00 del mattino che sembravano lontanissime dalla sveglia, stanno arrivando. Check-in ospedaliero per il ricovero in Day Hospital previsto alle 7:00. Alle 7.10 siamo nel parcheggio interno del Niguarda e la mia compagna continua a vomitare e non ha la forza di scendere dall'auto.
Raccogliendo le ultime energie, riesce a scendere e ci trasciniamo - entrambi - verso l'accettazione. Stavolta "senza tensione dei primi dieci" prendiamo il numero al Totem e attendiamo una ventina di persone davanti a noi. La mia compagna, stanca, a digiuno dalla sera prima, con sintomi di nausea e debolezza arriva, previa accettazione, nella sala antistante le camere di degenza e finalmente (dopo una breve attesa) viene accolta e può sdraiarsi nel letto assegnatole.
Inizia il colloquio con l'anestesista, passano infermieri, barellieri tutti e tutte estremamente cortesi e umani. Tutti. Il ricordo della telefonata del "primo giorno" intercorsa con la ginecologa che anziché consigliare, ostacolava, sembra un brutto sogno.
Viene somministrata alla mia compagna ed alla ragazza a lei accanto (camera da due letti molto pulita, silenziosa e riservata) un piccolo ovulo per dilatare la cervice. Ahimè la mia compagna soffre terribili dolori e si appurerà' successivamente che a avuto una possibile reazione allergica che le ha provocato, esternamente, delle rossissime macchie cutanee.
Dolore ininterrotto che si attenuerà di intensità e frequenza dopo circa mezz'ora. Stremata, stanca, viene portata in sala operatoria dove viene accolta con estremo riguardo, tatto e (ancora importantissimo rimarcarlo) molta umanità. L'intervento durerà non più di 15 minuti. Da quando viene portata al rientro nella stanza di degenza trascorrono circa 45 minuti. Giunge in camera con una flebo di soluzione fisiologica (previa somministrazione in sala operatoria di cortisone - per reazione allergica - e antidolorifico ) e il viso " commenta " lo stato fisico. Tutto bene, nessun dolore, nessun "trauma". Sedazione profonda quanto basta per non farle ricordare né avvertire nulla.
Dopo poche ore viene invitata a bere tè caldo e biscotti dopodiché un paio d'ore e verrà dimessa. Giungendo all'auto camminando lentamente ma senza dolori o sintomi particolari.
La sera, quindi a 10 ore dall'intervento, siamo al ristorante dell'hotel (raggiunto "comodamente" in ascensore) a cena, a parlare e a ripercorrere insieme questo percorso.
La mattina successiva (24 ore dall'intervento) colazione e gita in Piazza Duomo, un paio d'ore e rientro in hotel e poi a casa.
Lo stress derivante dalla triste decisione si somma allo stress che si configura dal percorso che se non correttamente intrapreso da subito può rivelarsi davvero tortuoso.
E' passato un mese dall'esito del test di gravidanza e tutti i giorni non abbiamo mai "abbassato la guardia". Mai!
Ginecologo professionale, serio e umano. Ospedale eccezionale e ben organizzato (unico neo : il percorso che prevede il servizio garantito alle prime dieci donne. Davvero disumano).
Staff medico, dal barelliere al chirurgo, al personale del front office preparato, serio e disponibilissimo. Il contesto e le persone fanno la differenza in una vicenda così delicata. Un ringraziamento speciale alla mia compagna che è stata forte e non si è mai fatta prendere dallo sconforto".
Luca e Giulia
IN ARGOMENTO:
Aborto, il diritto all'interruzione di gravidanza
7 aprile 2019