Aborto/ Laiga: troppi obiettori, a rischio l’applicazione della legge 194

E’ allarme sull’applicazione della legge che regola l’aborto nel Lazio.

Sono 10 su 32 gli ospedali pubblici che non eseguono le interruzioni di gravidanza, il problema dell’obiezione di coscienza dei medici ginecologi (circa il 91%) mette a rischio l’applicazione della legge 194 ponendo il Lazio fuori legge.

La denuncia è della Libera associazione italiana dei ginecologi per l’applicazione della legge 194 (Laiga).

Sono 10 gli ospedali in cui il servizio non viene erogato. Policlinico Tor Vergata, Sant'Anna, Colleferro, Sant'Andrea,, Velletri, Viterbo, Tarquinia, Cassino, Sora, Alatri. Presso gli ospedali di Palestrina e Formia il servizio è invece sospeso.

Anna Pompili, ginecologa e aderente alla Laiga ha spiegato che la difficoltà più grave è rappresentata dagli aborti terapeutici. Quest’ultimi infatti possono “essere eseguiti solo da professionisti regolarmente inquadrati, questi però sono quasi tutti obiettori di coscienza".

Al problema degli aborti nel primo trimestre “si può far fronte ricorrendo a medici convenzionati esterni – chiarisce Pompili. Mentre per i terapeutici, il 91,3% di medici obiettori  “pesa come piombo".

Giovanna Scassellati, responsabile del centro di riferimento regionale per la 194 al San Camillo, spiega l’assurdità della situazione facendo l’esempio dell’ospedale di Latina dove opera “un solo ginecologo non obiettore che, dovendosi assentare per un mese, lascerà il servizio chiuso per ferie”.

Lisa Canitano, ginecologa aderente alla Laiga e presidente dell’Associazione Vita di Donna, spiega che “la legge 194 rischia di essere disattesa perché i medici che la applicano stanno per arrivare all’età del pensionamento senza essere rimpiazzati”.

“Se si è arrivati a questo punto – aggiunge la Scassellati - le responsabilità sono anche dell'università che non forma adeguatamente i ginecologi”.

Gli fa eco la Pompili che sottolinea come “l'articolo 15 della legge 194 impegna atenei e Regioni a formare e aggiornare il personale".

“Mentre nel resto d’Europa la Ru486 consente alle donne di abortire in maniera meno traumatica – aggiunge la Canitano – in Italia le donne sono costrette a sempre maggiori disagi, spostamenti ed attese inammissibili in un paese civile”.

Pubblicato il 18/6/2012

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