La cura per gli attacchi di panico

ANORESSIA - L'ESPERIENZA DEL PANICO del Dr Alex Pagliardini.

Direzione della cura. Per concludere cercherò di dare alcune indicazioni molto generiche su un possibile trattamento clinico dei soggetti con attacchi di panico

Da un lato avevamo e tuttora abbiamo la clinica classica, dove, faccio ovviamente riferimento a quella psicoanaliticamente orientata, come è ben noto, il movimento essenziale iniziale era ed è quello della rettifica soggettiva - che detto semplicemente indica l'implicazione del soggetto nella sofferenza di cui si lamenta e di cui è portatore.

Dall'altro abbiamo sempre più a che fare con la cosiddetta clinica contemporanea la quale ha problematizzato non poco questa manovra, oltre ad aver sanzionato definitivamente il fallimento del paradigma ermeneutico, dell'interpretazione come semantica dell'inconscio. 

Tra le molteplici novità prodotte, necessariamente prodotte, dall'incontro con questa nuova clinica, novità nel merito delle quali non posso entrare - diciamo che a grandi linee si assiste ad un passaggio da una clinica dell'interpretazione ad una clinica dell'atto - mi limito a sottolinearne una particolarmente problematica nella clinica del panico.

Proprio la diversa temporalità e il diverso uso della fase preliminare nella clinica dei nuovi sintomi, - in cui risulta essenziale la produzione dell'angoscia come precondizione a qualsiasi rettifica soggettiva, a qualsiasi messa al lavoro nel transfert del paziente, per ovviare alla sostanziale egosintonia dei sintomi contemporanei -, risulta particolarmente difficile nella clinica del panico. 

Diciamo che questa manovra, in sé complessa e problematica, risulta spesso inutilizzabile con i soggetti con disturbo di panico, in quanto si presentano già molto angosciati, nella proliferazione del fenomeno dell'angoscia.

E' dunque molto problematico lavorare sulla funzione dell'angoscia per annodare la parola e il corpo, il simbolico e il pulsionale, e lo stesso movimento di rettifica soggettiva viene significativamente ridimensionato nella clinica del panico. 

Sto toccando diversi punti ciascuno dei quali meriterebbe una trattazione a parte, accontentiamoci per il momento di due indicazioni.  Direi che come prima cosa è fondamentale essere particolarmente accoglienti e regolati per far sì che il soggetto possa fidarsi e possa progressivamente mettere in gioco la dimensione pulsionale nel transfert - dimensione che come detto il soggetto con panico fa di tutto per eliminare dalla sua esperienza. 

E' dunque la possibilità di incarnare un Altro regolato a poter permettere di introdurre qualcosa della pulsione nella parola soggettiva.

In quest'ottica occorre però non confondere l'essere accoglienti con la collusione al tentativo del paziente di ripristinare la stabilità precedente - che è una delle insidie maggiori nella clinica del panico. 

Personalmente non ritengo l'esperienza del panico un fattore facilitante la rettifica, la ridefinizione della propria storia, anzi credo sia un'esperienza che produce sia una forte spinta difensiva, sia il tentativo di ripristinare lo status precedente. 

Credo sia inoltre importante non tanto lavorare alla ricostruzione del significato o dello scenario edipico, o alla simbolizzazione, quanto ad una nuova nominazione dell'eccesso pulsionale, a partire dalle pieghe singolari del discorso del paziente, dalla lingua che lo presentifica, e attraverso la trovata linguistica - l'invenzione tramite il malinteso direbbe Lacan-, affinchési produca una risposta soggettiva a livello dell'evento pulsionale. 

In tal senso è fondamentale che l'evento pulsionale, il suo taglio in atto, possa balenare nel corso della cura e non venga ricoperto, ricomposto, con l'introduzione e produzione di significato, operazione particolarmente inutile e dannosa nella clinica del panico, in quanto impedisce, forse irrimediabilmente, di fare dell'evento pulsionale l'occasione per un atto, per una nuova pratica della pulsione. 

In questo senso il panico non solo insegna cosa sia l'irruzione della pulsione e quale sia la condizione reale del soggetto, ma evidenzia anche, in modo radicale, la necessità di una rigorosa clinica al di là del padre.

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Pagina aggiornata il 10 giugno 2009

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