Aborto, le barriere all'autodeterminazione delle donne

Credo che non si possa parlare di difficoltà ad abortire in Italia e delle possibili soluzioni se non si inquadra questo argomento in un più generale discorso di sopraffazione delle donne, teso a impedire qualunque autodeterminazione sia rispetto alla riproduzione della specie, sia rispetto alla loro vita in generale e a tutto ciò che possa impedire la loro completa sottomissione alla biologia riproduttiva.

Aborto

In Italia questo è particolarmente evidente in quanto l’opposizione della Chiesa cattolica e le sue battaglie sono dirette non solo contro l’aborto volontario ma anche contro la contraccezione di qualunque tipo, prova ne sia il recente appello del Papa alla castità sia prematrimoniale che nel matrimonio.

La conseguenza immediata del rinforzo del divieto alla sessualità è la riduzione dell’uso di precauzioni vissute come “inutili” in quanto una parte delle giovani generazioni, soprattutto nel Nord Italia, decide di arrivare “vergine” al matrimonio. La procedura è nota come virginity pledges, e provoca il ricorso a pratiche sessuali che preservano la verginità, spesso peraltro in modo immaginario, ma che nondimeno sono a rischio di gravidanza e di malattie sessualmente trasmesse.

Solo nelle ultime due settimane come Vita di Donna abbiamo ricevuto quattro chiamate di giovani che ripromettendosi di arrivare vergini al matrimonio facevano pratiche sessuali “alternative” o interrompevano il coito effettuato senza premeditazione, e quindi senza precauzioni, pensando che questo li avrebbe mantenuti vergini.

L’impegno alla verginità è un formidabile mezzo di distruzione delle precauzioni ed è stato valutato come non efficace da un ampio studio nel 2014 del Journal of child and family studies, nella cui inchiesta è stato riscontrato che il 77% del campione esaminato aveva avuto quanto meno del sesso orale.

La contraccezione viene descritta dalla Chiesa cattolica come “la madre dell’aborto”, perché nel momento in cui si pensa di poter avere attività sessuale sottraendosi al concepimento si considera l’idea di “gravidanza indesiderata”, che è esattamente la possibilità di dire “le gravidanze non sono tutte uguali, c’è anche la mia scelta”.

Il fine che la Chiesa cattolica persegue è infatti l’impossibilità di scelta, perché essendo l’embrione persona già al momento del concepimento, “egli” è già essere umano voluto da Dio, in quel momento e con quella modalità, e non è possibile sottrarsi a questa volontà per nessun motivo.

Questo riguarda naturalmente l’aborto volontario dei primi novanta giorni e l’aborto terapeutico oltre i novanta giorni per motivi di cure materne, in quanto non è possibile secondo la Chiesa “uccidere” una persona per salvarne un’altra, e se proprio va tutto male e la donna muore madre e figlio si ritroveranno in Paradiso, dove si ameranno in eterna gioia.

Questo comporta una mala assistenza delle gestanti fra la tredicesima, limite per l’aborto volontario e la ventiduesima settimana. In queste settimane infatti non essendoci un feto “viable” la gravidanza non può essere interrotta se non praticamente in punto di morte.

La legge 194/78 recita infatti la possibilità di eseguire un aborto “per grave pericolo di vita” e ricordiamo Valentina Milluzzo, deceduta nel 2017 perché non ricevette un aborto, tenuta completamente all’oscuro del rischio che correva con il sacco in vagina.

Queste donne infatti non vengono informate dei rischi che corrono in quanto la valutazione del “grave pericolo di vita” resta totalmente in mano ai medici. Siamo anche in attesa dell’autopsia di una donna morta a Lecce dopo un aborto indotto dopo due settimane di ricovero.

Vita di Donna fa un lavoro di massima diffusione possibile, anche attraverso il racconto teatralizzato della morte di Valentina Milluzzo, dei rischi che corrono le donne in queste settimane di gravidanza, e abbiamo ricevuto parecchie richieste di aiuto, sul da farsi durante un ricovero a causa della rottura precoce delle membrane, per informazioni sui rischi personali che non venivano nominati nell’istituto religioso in cui le gestanti erano ricoverate.

Non è da trascurare anche il tema dell’aborto per malformazioni fetali, severamente osteggiato dalla Chiesa, anche se incompatibili con la vita. A questo proposito è stato aperto al Policlinico Gemelli a Roma, Università cattolica del sacro cuore, dal dottor Noia, presidente dell’Associazione italiana dei ginecologi ostetrici cattolici, un percorso per le gravidanze con feti incompatibili con la vita che vengono fatti nascere a termine e ricoverati in hospice per le cure palliative finchè non muoiono di morte naturale, per l’impossibilità a interferire con la volontà divina. Per quelli compatibili con la vita si considera vergognoso l’aborto in quanto esempio della mancanza di pietà per i diversi.

La Chiesa cattolica non conduce questa battaglia frontalmente in Italia, ma seguendo la sua tradizione secolare di lavoro sotterraneo di conquista del potere, ogni giorno guadagna nuove parti di istituzioni italiane, grazie anche alla privatizzazione continua della scuola e della sanità.

Nelle Regioni del Nord è estremamente presente nelle scuole, con Comunione e Liberazione, e nell’associazionismo giovanile, non a caso è dalle regioni del nord che vengono i patti per la verginità e l’ostilità all’educazione sessuale nelle scuole. Dalla lobby religiosa viene controllata la carriera dei medici, il corso di studi, la possibilità di trovare lavoro e finanziamenti. I Direttori di unità operativa complessa delle maternità pubbliche laiche sono progressivamente provenienti dalle Università cattoliche, in tutta Italia e così i dirigenti da loro chiamati, e l’applicazione della Legge 194 viene assicurata anche negli Ospedali laici da un “gettonista”, un medico esterno che non entra nemmeno in reparto. L’aborto non è una cura, per loro.

Lo smantellamento dello Stato italiano inteso come welfare cammina a passi da gigante grazie al PD, partito che avrebbe dovuto essere il difensore del welfare pubblico, secondo una tradizione che univa il partito comunista alla democrazia cristiana e che invece ha sponsorizzato il finanziamento della chiesa, dei privati, e in generale del terzo settore, lasciando che la chiesa controlli il più possibile la sanità, grazie a un marketing estremamente aggressivo sulla presunta maggiore qualità della sanità religiosa, e controlli del tutto la carità, attraverso sia nei confronti degli italiani poveri che nei confronti dei migranti tramite la Caritas e il Sant’Egidio.
Questo dà loro una patente di bontà per cui il più delle volte anche la cosiddetta sinistra radicale, che partecipa alla spartizione delle risorse sotto forma di “bandi”, oltre a quella del centro sinistra, che spartisce i fondi, difende le istituzioni religiose al grido di “Sono tanto buoni”.

Questo si associa a convegni sull’aborto, sui diritti delle donne, su sporadiche iniziative di testimonianza ma a un sostanziale abbandono delle donne nelle mani della sanità religiosa.

Nel frattempo infatti le donne italiane non hanno diritto alla contraccezione gratuita, tranne che in alcune regioni di antica tradizione laica, e comunque solo fino ai 25 anni. Vi è una grande resistenza ai LARC, la Chiesa cattolica si oppone specificamente alla spirale sostenendo che è un aborto ininterrotto e i ginecologi religiosi ne amplificano i rischi (come d’altra parte fanno con la contraccezione ormonale).

La diagnostica prenatale è prevalentemente in mano alle istituzioni religiose, totalmente nel Lazio, e quasi dappertutto, nonostante i protocolli dicano il contrario, si ritarda la diagnostica delle malformazioni in modo che le donne oltrepassino la 24 settimana ma anche prima ci si riferisce al feto come “il suo bambino”, per confondere le coppie, in modo che non si rendano conto che sono gravidanze che possono essere interrotte.

Questo modifica il problema del viaggiare per abortire, per esempio, in quanto per spostarsi per abortire bisogna sapere fin dall’inizio che vivi in un paese in cui gli ostacoli all’aborto sono moltissimi, cosa non chiara alle donne italiane, bisogna sapere che il proprio ginecologo è un obiettore, e le donne italiane, spinte a partorire in ospedali religiosi dal marketing aggressivo, non lo sanno né si pongono il problema ed è totalmente impossibile per le donne che si trovano ad essere ricoverate o ad avere delle complicanze ostetriche che non vengono loro spiegate con chiarezza a causa della presenza di personale medico tutto obiettore.

L'Associazione Vita di Donna fa parte della rete Pro choice fin dal suo inizio e partecipa alle numerose iniziative di sostegno e informazione brillantemente illustrate da Eleonora Cirant e Roberta Lazzeri. Purtroppo la diffusione del common sense cattolico anche negli ospedali laici è un grave fattore di rischio per le cure delle donne, delle quali fanno parte a pieno titolo la contraccezione e l’aborto e la sterilizzazione chirurgica, praticamente inesistente in Italia tranne in alcune ginecologie di buona volontà personale del Direttore.

Elisabetta Canitano

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Aborto

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