Aborto, dopo il Decreto di Zingaretti centrosinistra confuso sulla interpretazione

Confusione tra le dichiarazioni degli esponenti Pd e quelli regionali dopo la stretta di Zingaretti sugli obiettori che lavorano presso i Consultori del Lazio. I medici obiettori sono obbligati o no a produrre la certificazione necessaria per abortire?

La domanda è legittima. C’è un nero su bianco, il decreto del Commissario ad acta, che sulla parte che ci interessa recita così:

“In merito all'esercizio dell'obiezione di coscienza fra i medici ginecologi, che dati recenti pongono a 69,3% in Italia […], si ribadisce come questa riguardi l'attività degli operatori impegnati esclusivamente nel trattamento dell'interruzione volontaria di gravidanza, di seguito denominata IVG. AI riguardo, si sottolinea che il personale operante nel Consultorio Familiare non è coinvolto direttamente nella effettuazione di tale pratica, bensì solo in attività di attestazione dello stato di gravidanza e certificazione attestante la richiesta inoltrata dalla donna di effettuare IVG. Per analogo motivo, il personale operante nel Consultorio è tenuto alla prescrizione di contraccettivi ormonali, sia routinaria che in fase post-coitale, nonché all'applicazione di sistemi contraccettivi meccanici, vedi I.U.D. (lntra Uterine Devices)”.

La frase non si presta ad interpretazioni. I medici obiettori sono obbligati ad espletare la parte che non contempla l’esecuzione pratica dell’interruzione della gravidanza. Allo stesso modo la pensano anche autorevoli esponenti del Partito Democratico.

Sul sito ufficiale del partito leggo Ivan Scalfarotto, sottosegretario alle riforme istituzionali e ai rapporti col Parlamento, che dichiara: “Ora per chi lavora nei servizi territoriali sarà obbligatorio prescrivere tutte le forme di contraccezione, compresa la pillola del giorno dopo e non sarà possibile sottrarsi, come spesso è successo, al dovere di certificazione della pratica di interruzione volontaria di gravidanza e all'assistenza prima e dopo l’intervento”.

Ancora dal sito del Pd, Maria Elisa D'Amico, componente della Direzione nazionale, in un commento dal titolo “Aborto, la Regione Lazio obbliga gli obiettori nei Consultori a certificare”, esprime apprezzamento per il Decreto del presidente Zingaretti che trova “del tutto corretto e in linea con il contenuto dell’art. 9 della legge n. 194 del 1978, che garantisce l’obiezione di coscienza ai medici, limitatamente al momento dell’interruzione della gravidanza […]

Anche Pina Maturani, senatrice, vice presidente del gruppo PD e membro della Commissione Igiene e Sanità, è dello stesso avviso e dichiara all’Agenzia Parlamentare: “Il decreto della giunta puntualizza che i medici obiettori sono comunque tenuti, da un lato, a certificare la gravidanza […]

Quindi l’obbligo di certificare per gli obiettori di coscienza c’è. Si direbbe proprio di si, considerato che anche chi da anni si oppone all’aborto interpreta allo stesso modo il decreto. A cominciare da tutti i capigruppo del centrodestra che hanno presentato alla Regione una interrogazione chiedendone la revoca.

Insomma, gli esponenti del Pd appena citati e Olimpia Tarzia (consigliera regionale della lista Storace e presidente del 'Movimento Per Politica Etica Responsabilità'), sono tutti d’accordo. Quel nero su bianco contenuto nel decreto di Zingaretti obbliga i medici obiettori a produrre la certificazione necessaria ad abortire.

Allora non è più chiaro a questo punto cosa dicono le donne della Regione Lazio, nello specifico Marta Bonafoni e Cecilia D’Elia.

Marta Bonafoni, consigliera regionale e vice-capogruppo del gruppo ‘Per il Lazio’, dichiara all’Agenzia Parlamentare che “il richiamo alla certificazione ai medici obiettori non è un obbligo, ma la sollecitazione agli operatori sanitari a fare tutto ciò che è utile e necessario a sostenere la scelta della donna”.

Le fa eco Cecilia D'Elia (Sel), consulente di Nicola Zingaretti sui temi legati ai diritti e alle pari opportunità che su Repubblica dice: "Il decreto è vincolante per tutto ciò che riguarda la contraccezione, compresa la pillola del giorno dopo, che molti medici ancora si rifiutano di prescrivere, ritenendola a torto un farmaco abortivo. È invece un atto di indirizzo per quanto riguarda l'interruzione volontaria di gravidanza. Si ricorda, cioè, ai medici che l'obiezione di coscienza è sì tutelata dalla legge, ma non può essere estesa anche alla parte della certificazione a cui sono tenuti appunto i ginecologi dei consultori".

Questa dichiarazione della D’Elia mi sembra dicotomica. Prima dice che è solo un atto di indirizzo (quindi non vincolante), poi sostiene che l’obiezione di coscienza non può essere estesa alla parte della certificazione.

Quello che noto è che tra gli esponenti nazionali del Pd ed i rappresentati regionali, che probabilmente hanno collaborato alla stesura del decreto, c’è un’interpretazione completamente diversa.

Questa coraggiosa iniziativa di Zingaretti ha raccolto l’entusiasmo di associazioni e di migliaia di cittadini. Queste dichiarazioni ne minimizzano gli effetti ai fini pratici. Mi chiedo il perché e attendo di capire se il medico obiettore deve certificare o no.

Non facciamo retromarce, sarebbe disastroso. Zingaretti…. coraggio!

di Antonio Luzi

Pubblicato 26/6/2014

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