Congedi e permessi per la malattia dei figli

Congedi e permessi per la malattia dei figli

Congedi e permessi per la malattia dei figli

Ogni genitore ha diritto ai congedi se i propri figli si ammalano. Mamma e papà possono usufruirne, alternativamente, fino all'ottavo anno di età del figlio.

Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto, ad esempio nel caso in cui quest'ultimo/a sia libero/a professionista o lavoratore/trice autonomo/a.

Fino ai 3 anni la mamma o il papà possono assentarsi dal lavoro in qualsiasi momento, senza vincoli di tempo e fino alla completa guarigione, per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio.

Nel caso di adozioni e affidamenti il limite di età è elevato a 6 anni.

Dai 3 agli 8 anni la mamma o il papà possono assentarsi dal lavoro per un massimo di 5 giorni lavorativi all'anno per ogni figlio (anche per le adozioni e gli affidamenti).

Nel caso in cui, alla data dell'adozione o dell'affidamento, il minore abbia un'età compresa fra i 6 e i 12 anni, il congedo per la malattia del bambino è fruito nei primi tre anni dall'ingresso del minore nel nucleo familiare.

E' necessario presentare il certificato di malattia rilasciato da un medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale o con esso convenzionato. A questo tipo di congedi non si applicano le disposizioni sul controllo della malattia del lavoratore/trice.

Nel caso in cui il proprio figlio venga ricoverato in ospedale durante il periodo di ferie di un genitore, è possibile chiedere la sospensione delle ferie per l'intera durata del ricovero.

Dal punto di vista retributivo non è prevista nessuna indennità. I congedi sono utili invece per il calcolo dell'anzianità, ma non delle ferie e delle mensilità aggiuntive.

Per quanto riguarda il trattamento previdenziale, i periodi di congedo entro i 3 anni di età del bambino prevedono la contribuzione figurativa, mentre tra i 3 e gli 8 anni la contribuzione figurativa è ridotta.

Mantenimento del posto di lavoro: mansioni, sede e ruolo

Al rientro dal congedo per maternità/paternità, il genitore ha diritto a conservare il suo posto di lavoro, nella stessa sede o in altra sede dello stesso Comune, e ha diritto di restarvi fino al compimento di un anno di età del figlio.

Il padre o la madre dovrà essere adibito alle stesse mansioni che svolgeva prima del congedo oppure ad altre mansioni che il contratto collettivo consideri equivalenti. Gli stessi diritti competono a entrambi i genitori al rientro da un congedo parentale, da un permesso o da un riposo.

Figlio con grave handicap

Nel caso in cui un figlio sia portatore di handicap grave, secondo i criteri stabiliti dalla Legge 104/92, i permessi e i riposi per la mamma e per il papà, previsti dalla medesima Legge, possono essere cumulati con il congedo parentale e con il congedo per malattia.

Fino ai 3 anni di età del figlio sono previsti:

  • l'estensione del congedo parentale a un massimo di 3 anni, a meno che il bambino non sia ricoverato in istituti specializzati atempo pieno;
  • il diritto a 2 ore di riposo giornaliero

Da 3 a 18 anni di età del figlio sono previsti:

  • 3 giorni di permesso mensile, anche continuativi.

Oltre i 18 anni di età del figlio sono previsti:

  • 3 giorni di permesso mensile, anche continuativi, a condizione che il   figlio conviva con il genitore richiedente o non conviva, ma venga assistito dal genitore in modo continuativo ed esclusivo.

Dal punto di vista retributivo, nel caso di prolungamento del periodo di congedo parentale, l'indennità corrisponde al 30% della retribuzione. Per quanto riguarda, invece, i riposi giornalieri e i permessi mensili, la retribuzione è completa.

Sul piano previdenziale la contribuzione è figurativa in entrambe le situazioni.

Per ogni minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, hanno diritto, entro il compimento dell'ottavo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di cui all'art. 32, non superiore a tre anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore.

Divieto di licenziamento entro l'anno di età del figlio

I padri che usufruiscono del congedo di paternità (se sono l'unico genitore oppure la mamma è gravemente malata) non possono essere licenziati fino al compimento di un anno del figlio per il quale hanno chiesto il congedo.

Le mamme non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gravidanza (anche se il datore di lavoro ancora non ne era stato informato) fino al compimento di un anno di età del bimbo. Per le madri e i padri adottivi o affidatari vale lo stesso divieto fino a un anno dall'ingresso del bambino in famiglia.

Il licenziamento può essere invece comunicato nel caso in cui:

  • ci sia una colpa grave del genitore che costituisca giusta causa
  • l'azienda cessi l'attività
  • sia terminata la prestazione che motivava l'assunzione
  • sia scaduto il contratto a termine
  • non sia stato superato il periodo di prova. Su quest'ultima ipotesi bisogna  però verificare che non ci sia stata una discriminazione proprio perché la   donna è rimasta incinta o perché l'uomo abbia usufruito del congedo di paternità.

Non si può essere sospesi dal lavoro a meno che venga interrotta per un certo periodo l'attività dell'azienda o del reparto e non si può neanche essere messi in mobilità in periodo di congedo.

Non è consentito il licenziamento a seguito della richiesta di congedo parentale o perché ci si assenta per una malattia del figlio.

Se la donna è una collaboratrice domestica e la sua gravidanza è iniziata all'interno del periodo di lavoro, non può venire licenziata fino al terzo mese dopo il parto.

Dimissioni

Se la mamma presenta le sue dimissioni volontariamente entro il compimento di un anno di età del figlio, non deve comunicarle con il preavviso previsto dal contratto e ha diritto a richiedere le stesse indennità previste in caso di licenziamento.

Se è il papà ad aver usufruito del congedo di paternità e presenta le dimissioni volontariamente entro il compimento di un anno di età del figlio, ha diritto a richiedere le stesse indennità previste in caso di licenziamento e non deve comunicarle con il preavviso previsto dal contratto. Le dimissioni non sono mai valide se non sono convalidate dall'Ispettorato del Lavoro.

Divieto di lavoro notturno

Fino al compimento di un anno di età del bambino, la madre non può lavorare dalle ore 24 alle ore 6, mentre non è obbligata a prestare il lavoro notturno fino a che il figlio non abbia compiuto i 3 anni di età. Se la mamma è genitore unico affidatario del bimbo che vive con lei, non è obbligata a prestare il lavoro notturno fino all'età di 12 anni del figlio. Il padre non è obbligato a prestare il lavoro notturno fino a che il figlio non abbia compiuto i 3 anni di età se lo presta già la madre.

Se il papà è genitore unico affidatario del figlio che vive con lui, non è obbligato a prestare il lavoro notturno fino all'età di 12 anni del figlio e, come per la mamma, se ha a carico un figlio o un'altra persona disabile non è mai obbligato a prestare il lavoro notturno.

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