Prevenzione del cancro all'utero?

Prevenzione del cancro all'utero? di Laser Manchester '00 (tratto da http://www.e-laser.org) Un fiore viola, qualche donna famosa, magari attrice et voila, la campagna contro il cancro al collo dell'utero è pronta. O meglio preparata, anzi pre-confezionata... ma da chi?

Le statistiche riferiscono che ci sono circa 12.800 donne europee che muoiono ogni anno per tumori al collo dell'utero la cui causa sembra essere l'human papilloma virus (HPV) o virus delle verruche umane (noti anche come condilomi o creste di gallo) che viene trasmesso sessualmente.

Esistono circa 13 tipi di questo virus che sono stati collegati alla generazione di cellule tumorali. I tumori di questo genere sono curabili al 100% se vengono fatti degli screening appositi per tempo. A questo proposito nel mese di dicembre e' nata una associazione delle donne europee che si occupa di fare pressioni politiche per l'adozione da parte dei sistemi sanitari europei di sistemi di screening dell'HPV (European Women for HPV Testing,) assieme al piu' tradizionale PAP test.

In Italia, l'iniziativa per l'adozione del test HPV e' patrocinata dal Ministero per le Pari Opportunita' e dalla presidenza del Consiglio del Ministri e raccoglie l'adesione di molte donne italiane 'famose' tra cui la presentatrice Licia Colo', varie attrici e deputate.

Nel mese di dicembre alcune famose attrici straniere come Liz Hurley, Carol Vordeman e Caprice si sono unite alla battaglia per l'adozione dei test. Fin qui tutto bene, anzi meglio. Non saremo certo noi a disquisire sull'importanza dell'intera campagna, e non ne avremmo neanche la competenza.

Ma c'e' un 'ma'. Una inchiesta del settimanale Observer (il giornale che esce al posto del Guardian la domenica) ha rivelato che dietro l'intera operazione si cela una una campagna clandestina orchestrata da una multinazionale, la Digene, operante nel Maryland (Stati Uniti).

La Digene ha recentemente sviluppato nuovi sistemi genetici per lo screening dell'HPV e ovviamente sarebbe tra i primi a beneficiare dalla possibile adozione da parte dei sistemi sanitari europei di sistemi di screening di massa sull'HPV.

Il valore delle sue azioni potrebbe guadagnarne enormemente. Secondo il giornale britannico, nel mese di Dicembre una personalita' anonima che aveva ricevuto la lettera dell'associazione si era insospettita a tal punto da investigare chi si celava dietro la sua identita', notando che il suo indirizzo era nient'altro che la casella di un ufficio postale nei pressi del Parlamento Europeo a Bruxelles.

La lettera era firmata da una certa Sara Johnsson, una dipendente presso una agenzia di pubbliche relazioni conosciuta come Burson- Marsteller (la cui sede e' vicina all'ufficio postale) e inoltre una delle piu' attive nelle campagne di lobbying al parlamento europeo.

Il direttore esecutivo della Burson-Marsteller, Jeremy Galbraith, ha confermato che la Burson-Marsteller operava per conto della Digene dal 2001 e che la multinazionale e' uno dei suoi clienti piu' 'importanti'. Il giochino ha retto tuttavia per poco e l'intera vicenda e' finita sui giornali.

La tecnica del lobbying usata dalla Digene non e' neanche cosi' nuova. Riferisce sempre l'articolista del Guardian che in gergo tecnico trattasi di 'third party technique' (in italiano potremmo chiamarla tecnica del partito terzo) e che funziona cosi': la multinazionale contatta una agenzia di pubbliche relazioni.

L'agenzia si occupa di attivare e stimolare una campagna per conto della multinazionale. La campagna si fonda sulla costituzioni di finti gruppi di pressione 'dal basso' e magari rappresentata da qualche personaggio famoso. In genere funziona.

Ripetiamo, anzi sottolineamo, che il test HPV e' di fondamentale importanza per il controllo e la prevenzione del cancro al collo dell'utero. Non lo diciamo noi, lo dicono la maggior parte dei medici.

Il problema rimane che all'oggi - con una gestione privatistica dei nuovi sistemi di screening e in parte monopolistica da parte di alcune aziende biotech- la prevenzione del cancro all'utero diventa un boccone fin troppo appetitoso per alcune (ciniche e' dir poco) multinazionali.

Un rappresentante della Digene ha difeso l'operato della compagnia sottolineando che 'Facciamo sempre in modo che le nostre operazioni siano trasparenti e diciamo apertamente quali campagne finanziamo'. Ed effettivamente sul sito dell'associazione il nome della Diogene compare, benche' non si dice nulla sull'operato della 'Digene Corporation' e del fatto che sarebbe tra i primi a profittare della diffusione dei test.

Mentre invece - come conseguenza dell'articolo- nella sezione inglese del sito si dice che 'al momento stiamo ricontattando i nostri sostenitori nel Regno Unito, affinche' ci diano conferma del loro sostegno'.

Gia', perche' nel frattempo le attrici famose hanno ritirato il loro sostegno... Per ulteriori informazioni: A. Barnett, "Revealed: how stars were hijacked to boost health company's profits"

The Observer, 25.1.2004

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