Le leggi a tutela della maternità e della paternità. Pag. 1

Le leggi a tutela della maternità e della paternità. Pag. 1

Testo elaborato sulla base dello Speciale NOTIZIARIO INCA "La tutela della maternità e paternità. I diritti dei genitori nel 2000"

Pagine: 1 - 2 - 3 Parte generale

La legge 30 dicembre 1971 n° 1204 e il relativo regolamento di attuazione DPR 25/11/76 costituiscono il fondamento giuridico di tutela delle lavoratrici madri.

Sono tutelate coloro che svolgono una attività alle dipendenze di un datore di lavoro privato o pubblico, più in dettaglio, le dipendenti delle varie amministrazioni dello Stato, della Regione, della Provincia o dei Comuni, le dipendenti di datori di lavoro privati, (aziende, artigiani, commercianti, industrie); le dipendenti di società cooperative, le apprendiste, le lavoratrici agricole.

(Per quanto riguarda le lavoratrici a domicilio, le lavoratrici domestiche (colf) le mezzadre e le colone, la tutela subisce delle limitazioni di cui parleremo più avanti).

La successiva legge 53/2000 denominata "Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi della città" - modifica la normativa (legge 1204/71) sulla tutela della maternità, ampliandone ed estendendone le norme anche al padre lavoratore.

Le disposizioni della legge 1204/71 si applicano a tutte le lavoratrici madri, e con particolarità diverse alle apprendiste, alle colf e alle lavoratrici a domicilio. Le lavoratrici autonome, che hanno norme particolari, sono state inserite nella legge 53/2000 unicamente per l'astensione facoltativa di 3 mesi.

Per le lavoratrici del pubblico impiego, tutti i contratti contengono appositi articoli dedicati alla maternità che stabiliscono condizioni di miglior favore rispetto a quelle contenute sia nella legge 1204/71 che nella nuova legge, soprattutto per quanto attiene alla misura dell'indennità economica e ai riposi e permessi.

Riportiamo di seguito le disposizioni coordinate delle due leggi, menzionando quelle più importanti.

Per una lettura approfondita in materia Vi rimandiamo allo Speciale NOTIZIARIO INCA "La tutela della maternità e paternità. I diritti dei genitori nel 2000" .

Divieto di licenziamento

Il divieto di licenziamento opera dall'inizio del periodo di gestazione fino al compimento di 1 anno di età del bambino. Sono escluse da tale norma: le colf. Tale divieto non opera nei casi di: licenziamento per giusta causa; cessazione di attività dell'azienda; di ultimazione della prestazione a cui era addetta la lavoratrice e di risoluzione del rapporto di lavoro per scadenza del termine.

Il divieto di licenziamento non è ancorato alla presentazione del certificato medico, tuttavia si consiglia di presentarlo ugualmente quanto prima. Con la nuova normativa il divieto di licenziamento si applica anche al padre, che fruisca dell'astensione obbligatoria, dalla nascita del bambino fino al compimento di un anno di età del medesimo.

Divieto di adibire le lavoratrici a lavori gravosi e insalubri

Le lavoratrici durante il periodo di gestazione e fino a 7 mesi dopo il parto sono esonerate dal trasporto e dal sollevamento di pesi e possono essere spostate ad altre mansioni , conservando la retribuzione e la qualifica originarie, se vengono spostate a mansioni inferiori.

Il DPR 1026/76 è il regolamento che indica i lavori pericolosi, faticosi ed insalubri a cui la lavoratrice non deve essere adibita. Elenco delle mansioni interdette alle donne in gravidanza

Astensione obbligatoria

E' vietato far lavorare le donne in stato di gravidanza: durante i 2 mesi precedenti la data presunta del parto: si deve far riferimento alla data indicata sul certificato medico, anche se vi può essere errore di previsione. Durante i 3 mesi dopo il parto.

La disposizione è valida anche per le lavoratrici a domicilio e per le colf. L'astensione obbligatoria post-partum è stata estesa anche al padre lavoratore nel caso in cui l'assistenza della madre al neonato sia diventata impossibile per decesso o grave infermità della madre stessa (Sentenza della Corte Cost. n.1/1987).

La nuova norma oltre a recepire detta sentenza, stabilisce il diritto all'astensione obbligatoria per il padre anche nel caso di affidamento esclusivo. Tale disposizione è applicabile anche al padre lavoratore autonomo, per il quale si ipotizza la sostituzione in azienda con lavoratore a tempo determinato.

Parto prematuro

La nuova legge n.53/2000, recependo una sentenza della Corte Costituzionale (n.270/99), prevede che, qualora il parto avvenga in anticipo rispetto alla data presunta, si possano aggiungere ai 3 mesi post-partum i giorni di astensione obbligatoria non goduti prima del parto, nel limite massimo di 5 mesi, a condizione che ci sia stata comunque effettiva astensione dal lavoro. La lavoratrice è tenuta a presentare entro 30 giorni dalla data del parto il certificato attestante la data dell'evento.

Flessibilità dell'astensione obbligatoria

Ferma restando la durata dell'astensione obbligatoria di 5 mesi, la nuova legge (art.12) introduce - dal 28 marzo 2000 - la possibilità di continuare a lavorare fino all'8° mese di gravidanza utilizzando così un solo mese prima del parto e 4 mesi dopo il parto.

Tale facoltà può essere esercitata a condizione che sia un ginecologo del SSN sia un medico competente per la salute nei luoghi di lavoro attestino che tale scelta non pregiudichi la salute della gestante e del bambino. Entro 6 mesi dall'entrata in vigore della nuova legge un decreto individuerà con apposito elenco i lavori per i quali sarà vietata l'astensione obbligatoria flessibile. La certificazione di flessibilità al congedo di maternità

Adempimenti della lavoratrice

Prima dell'inizio dell'astensione obbligatoria, la lavoratrice deve presentare al datore di lavoro e all'INPS (o all'Ente presso cui è assicurata) i seguenti documenti: la domanda di corresponsione dell'indennità di maternità, con la precisazione della data di inizio dell'astensione obbligatoria, come prevista dall'articolo 15 della legge n.1204/71 e successive modificazioni.

Il certificato medico di gravidanza redatto su apposito modulo in dotazione alla ASL indicante, fra l'altro, il mese di gestazione (alla data della visita) e la data presunta del parto.

Astensione obbligatoria anticipata

La lavoratrice può chiedere all'ispettorato del lavoro, oggi Direzione provinciale del lavoro, l'astensione anticipata dal lavoro fin dall'inizio della gestazione nei seguenti casi: gravi complicazioni della gestazione o di preesistenti forme morbose che si presume possono aggravarsi con lo stato di gravidanza; se le condizioni di lavoro o ambientali siano da ritenersi pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino; quando la lavoratrice non può essere spostata a mansioni meno disagevoli.

Al suddetto fine la lavoratrice dovrà rivolgersi al proprio medico curante che dovrà rilasciare una proposta di astensione anticipata da presentare allo specialista dell'Asl, che a sua volta formulerà la prevista autorizzazione da presentare alla Direzione provinciale del lavoro in allegato alla domanda della lavoratrice.

Detta astensione può essere protratta fino al 7° mese successivo al parto se la lavoratrice è addetta a lavorazioni nocive e non può essere spostata ad altre mansioni, con il diritto a percepire la stessa indennità spettante per la normale astensione obbligatoria.

Trattamento economico per l'astensione obbligatoria

Le lavoratrici hanno diritto ad una indennità giornaliera pari all'80% della retribuzione media globale percepita nel periodo di paga quadrisettimanale o mensile precedente a quello in cui ha avuto inizio l'astensione obbligatoria. Alla retribuzione media giornaliera su cui computare l'80% va aggiunto il rateo giornaliero della gratifica natalizia, della 14^ mensilità e di eventuali premi.

Copertura contributiva

Il periodo di astensione obbligatoria per maternità è considerato utile sia per il diritto che per la misura di tutti i trattamenti pensionistici.

Astensione facoltativa

Secondo la normativa previgente, la lavoratrice aveva diritto ad astenersi dal lavoro, successivamente all'astensione obbligatoria, per un periodo di 6 mesi, anche non consecutivi, entro il primo anno del bambino. In alternativa alla madre, e solo se questa ne aveva il diritto e vi rinunciava, l'astensione facoltativa poteva essere fruita anche dal padre.

L'indennità economica era ed è il 30% della retribuzione media globale giornaliera del mese precedente l'astensione obbligatoria, esclusi i ratei delle mensilità aggiuntive e degli eventuali premi. Con l'applicazione delle norme vigenti, la retribuzione di riferimento per l'astensione facoltativa non potrà essere rapportata a quella precedente all'astensione obbligatoria, ma andrà rideterminata su quella contrattualmente in vigore al momento dell'astensione facoltativa.

I contratti possono prevedere quote aggiuntive a carico del datore di lavoro. La nuova legge 53/2000, mentre non modifica più di tanto le norme sull'astensione obbligatoria, apporta sostanziali innovazioni per quanto attiene all'estensione facoltativa. Le modifiche, tutte positive perché estensive di diritti, purtroppo confermano la non applicazione dell'astensione facoltativa alle colf, alle lavoranti a domicilio, alle lavoratrici che svolgono attività di collaborazione coordinata e continuativa.

Tale esclusione ci pare incomprensibile e anche incostituzionale. Dal 28 marzo 2000 l'astensione facoltativa spetta ad entrambi i genitori, anche congiuntamente fino al compimento degli 8 anni del bambino, per un periodo complessivo di 10 mesi, continuativi o frazionati, mentre ogni genitore non potrà superare i 6 mesi di fruizione (ad es. se la madre fruisce di 6 mesi, il padre ne potrà fruire di 4).

Il padre ha diritto all'astensione facoltativa anche se la madre non ne ha diritto (perché è disoccupata, colf, lavoratrice a domicilio), e se il padre fruisce di tale diritto per un periodo continuativo non inferiore a 3 mesi, il suo limite di 6 mesi diventa di 7 mesi e il limite massimo complessivo di fruizione tra i due genitori diventa di 11 mesi (7 mesi x il padre, e 4 mesi x la madre).

Nel caso di unico genitore il periodo di astensione facoltativa compete per 10 mesi, entro il compimento dell'8° anno del bambino.

Adempimenti della lavoratrice o del lavoratore o di entrambi

Il lavoratore o la lavoratrice o entrambi (se vogliono fruire della facoltativa nello stesso periodo), devono preavvisare per iscritto il proprio datore di lavoro 15 giorni prima dell'inizio dell'astensione. Termini diversi possono essere previsti dai CCNL.

Misura dell'indennità

Dal 28 marzo 2000, l'indennità per astensione facoltativa compete per un periodo complessivo di 6 mesi tra i genitori, nella misura del 30% della retribuzione (media globale giornaliera del mese precedente l'astensione obbligatoria, esclusi i ratei delle mensilità aggiuntive e degli eventuali premi) fino al compimento del 3° anno.

Per i periodi di fruizione oltre ai 6 mesi e per quelli successivi al compimento del 3° anno del bambino fino al compimento dell'8°anno di età, la suddetta indennità compete soltanto se il reddito personale del richiedente è inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo (per il 2000 £.23.429.250). Per la determinazione del reddito valgono le norme dell'integrazione al T.M.: tutti i redditi assoggettabili IRPEF, tranne la casa di abitazione, il TFR, e i redditi a tassazione separata. I CCNL possono prevedere integrazioni aggiuntive.

Copertura contributiva

Il periodo di astensione facoltativa è coperto da contribuzione figurativa valida sia per il diritto che per la misura di tutte le prestazioni pensionistiche, per il periodo di fruizione complessivo di 6 mesi tra i genitori, e se fruito entro il compimento del 3° anno del bambino.

Per i periodi fruiti oltre il 6° mese e dai 3 anni all'8° anno del bambino, la copertura figurativa è determinata sulla base di una retribuzione pari al doppio dell'assegno sociale (per il 2000 £. 16.733.600) e compete anche se non si ha diritto all'indennità del 30%, per superamento dei limiti di reddito. Quest'ultima contribuzione è integrabile da parte dell'interessata/o con domanda di riscatto o autorizzazione ai versamenti volontari.

Riposi giornalieri

Il datore di lavoro deve concedere alle lavoratrici madri, durante il 1° anno del bambino 2 permessi di riposo di 1 ora, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è di un'ora solo se l'orario giornaliero di lavoro è inferiore a 6 ore. Le ore devono essere concesse anche se non vi è allattamento, e devono essere retribuite , per conto INPS da parte del datore di lavoro.

Mentre con la legge 1204/1, non vi era copertura figurativa per dette ore, attualmente – con la legge 53/2000 - viene prevista una copertura del doppio dell'importo dell'assegno sociale, e detta copertura può essere integrata dalla lavoratrice. Detto beneficio è fruibile anche dal padre lavoratore nei seguenti casi: qualora i figli siano affidati al solo padre; in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga; se la madre non è lavoratrice dipendente. In caso di parto plurimo, le ore di permesso vengono raddoppiate, e il padre può usufruire di quelle aggiuntive.

Permessi per malattia del bambino

Con la nuova legge, il diritto ad astenersi alternativamente dal lavoro durante le malattie del bambino viene fissato per entrambi i genitori fino al compimento dell'8° anno di età. Fino al compimento del 3° anno di età del bambino non si prevedono limiti temporali di fruizione, dai 3 anni agli 8 è previsto il limite di 5 giorni all'anno per ciascun genitore. La malattia del figlio deve essere certificata da un medico specialista del SSN o con esso convenzionato.

Fino al compimento del 3° anno di età del bambino i periodi di astensione dal lavoro per malattia del figlio sono coperti da contribuzione figurativa totalmente, dal 3° all'8° anno la copertura è commisurata ad una retribuzione figurativa pari al doppio dell'importo dell'assegno sociale. Il ricovero ospedaliero del figlio interrompe il decorso delle ferie di cui sia eventualmente in fruizione il genitore.

Figli in adozione o affidamento

I lavoratori che adottano bambini fino a 6 anni per adozioni nazionali e superiori a 6 anni per quelle internazionali, possono fruire dell'astensione obbligatoria e dell'indennità conseguente nei 3 mesi successivi all'ingresso del bambino in famiglia. Per quanto attiene alle norme sull'astensione facoltativa, così come modificate dalla nuova legge 53/2000, i genitori possono astenersi dal lavoro qualora all'atto dell'adozione o dell'affidamento, il minore abbia un'età compresa fra 6 e 12 anni, nei primi 3 anni dall'ingresso del minore stesso nel nucleo familiare. Si applicano quindi le norme generali con alcune particolarità, che andranno chiarite con l'Ente erogatore.

Figli disabili in situazione di gravità

I genitori, sia padre che madre, anche adottivi o affidatari, di bambini portatori di handicap in situazione di gravità riconosciuta, oltre all'astensione obbligatoria, hanno diritto: al prolungamento ininterrotto dell'astensione facoltativa al 30% della retribuzione fino al compimento del 3° anno di età del bambino, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno in istituto specializzato; in alternativa, ad un permesso giornaliero di 2 ore, fino al compimento del 3° anno di età normalmente retribuiti; dal 3° anno del bambino, a 3 giorni di permesso mensile, fruibili anche continuativamente, e normalmente retribuiti.

La copertura contributiva figurativa agisce in tutti i casi, compresi – dal 28 marzo 2000 – i 3 giorni di permesso mensili finora retribuiti, ma scoperti di contribuzione.

Nuove possibilità di anticipazione del TFR

Per dare concreta applicazione alle suddette norme, la legge prevede che in caso di astensione facoltativa dopo il parto il lavoratore o la lavoratrice, può chiedere l'anticipazione del TFR, oltre ai casi contemplati dall'articolo 2120 del codice civile (spese sanitarie documentate, acquisto della prima casa), anche per far fronte alle spese da sostenere nei periodi di astensione facoltativa e di malattia del bambino. Per i dipendenti pubblici, vista la particolarità della loro indennità di buonuscita, le modalità applicative della norma saranno definite da un decreto interministeriale.

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